Memorie anarchiche. Renzo Cavani

Cavani Renzo Modena 30-06-1901 / Modena 21/01/1966

Nel 1919 aderisce al Movimento anarchico e presto ne diventa uomo d’azione . E’ segnalato nello schedario dei sovversivi come pericoloso. Fa parte di un gruppo anarchico che intende rispondere colpo su colpo alla violenza squadrista passando all’offensiva e combattendo, armi in pugno,il fascismo sul nascere. Una delle prime azioni e’ compiuta la sera del 21 gennaio 1921 . I fascisti Mario e Arrigo Ruini e l’amico Giulio Stradi uscendo dalla porta di S. Francesco imboccano la via Giardini ,dove abitano . Davanti alla trattoria del Gallo sono affrontati da 3 giovani anarchici : Cavani ,Evangelisti e Giglioli. Si mette mano alle pistole , dieci o forse piu’ spari ,due fascisti scappano ,il terzo ,Mario Ruini, rimane a terra colpito mortalmente. Le ragioni ,spiegano gli anarchici, che ci indussero a dare questa lezione fu che avevamo visto Mario e Arrigo Ruini .alla testa di una squadra fascista,poche ore prima sulla via Emilia bastonare a sangue un uomo inerme che aveva il solo torto di essere un operaio con gli abiti sporchi di calce. Questo era stato sufficiente per far gridare ‘ dai al bolscevico’. Mario Ruini e’ il primo fascista ucciso a Modena e il fatto desta una enorme impressione in citta’ ,ma a provocare ancora piu’ clamore sulla stampa locale e nazionale e’ l’assalto che gli antifascisti modenesi preparano per il 24 gennaio ,giorno dei funerali dello stesso Ruini. A Modena i fascisti’ non devono passare’ e Cavani e’ uno degli organizzatori. Il lunghissimo corteo funebre si snoda lungo la via Emilia. All’altezza del Palazzo delle Poste ,in pieno centro cittadino, un gruppo di ‘guardie rosse’ anarchici e socialisti sbuca dal portico del Collegio e si getta sul corteo sparando. Poi dall’alto ,dai tetti e dalle finestre ,piovono colpi di moschetto e di rivoltella sul feretro di Ruini . I fascisti rispondono al fuoco,la confusione e’ totale. Al termine della battaglia a terra restano uccisi 2 fascisti e 14 feriti.

Tcavanifascistiratto da Anarchici a Modena ‘Dizionario biografico’ di Andrea Pirondini .

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Né servi né padroni.

Tutto ciò che è immutabile, o che si vuol rendere tale, è contrario alla natura e al suo principio di dinamismo costitutivo. Niente è statico in natura, nemmeno le montagne. Parlare di ‘status’ in natura è un controsenso, imporlo è un crimine. Quando ci accorgiamo che le cose vanno al contrario di come dovrebbero andare, quando diciamo che non c’è più umanità, è sbagliato attribuirne immediatamente la colpa alla natura degli esseri umani, è un errore crederlo o ipotizzarlo. Dovremmo invece comprendere che da pochi millenni esiste un progetto preciso, voluto da pochi e perpetuato dai molti, un progetto di immutabilità che va contro natura. Non è la natura che ha creato lo stato, ma un gruppo di uomini colonizzatori dell’Europa Antica che hanno visto nell’uso delle armi e nell’addomesticamento dei cavalli un modo efficace per impossessarsi di ogni privilegio, dato dalla riduzione in schiavitù forzata delle comunità pacifiche e libere. Col tempo questo progetto è diventato ‘sistema culturale’, cioè un insieme di valori e di credenze acquisite e riconosciute più attraverso l’abitudine e l’oblìo dell’antica libertà che per il loro effettivo merito, valori e credenze intrinsecamente ingiuste e pedagogicamente perpetuate fino ad oggi. Perciò penso sia più corretto accusare l’uomo culturale piuttosto che l’uomo naturale, che ormai è sparito sotto le sovrastrutture culturali imposte e ritenute ancora efficaci, nonostante dimostrino tutta la loro crudeltà e ingiustizia di fondo. Se vogliamo ritrovare l’uomo naturale dobbiamo distruggere l’uomo culturale, l’uomo politico, la cultura dello stato, i valori che questa cultura ci ha trasmesso e la loro presunta immutabilità. Perciò cambiare governi non serve a niente, la riproduzione dello status si avvale proprio di loro e di chi, legittimandoli e perpetuandoli, crede ancora che siano necessari. Come diceva De la Boétie, è sufficiente che le persone la smettano di servire perché si liberino autonomamente. Cooperare, stringere liberi accordi per autogestirci la vita senza servi né padroni, quindi tornare ad essere pienamente esseri umani, è ciò che serve per liberarci ed emanciparci

Cloud’s Walden

ne servi...

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Il padrone ha bisogno di te,non tu di lui!

Persino il famigerato ‘contratto di lavoro’ non ha più alcun senso in quanto tale, o meglio, il suo senso è stato stravolto in favore del sistema. Un contratto dovrebbe infatti essere un accordo su delle condizioni prestabilite e soprattutto discusse e condivise da tutte le parti in causa. Oggi il contratto di lavoro è solo un insieme di condizioni stabilite dai vertici, cioè da chi, in origine e in verità, dovrebbe essere proprio colui che ha bisogno dello schiavo. Invece il sistema, con la sua cultura imposta obbligatoriamente, ha fatto in modo che sia lo schiavo ad avere bisogno del padrone, e le condizioni dei contratti sono diventati dei veri e propri ricatti. Tutto il lavoro dipendente è solo un ricatto, incredibilmente spacciato per diritto. E’ un’ingiustizia profondissima, nonché una violenza inaudita, quella di ricattare le persone persino sulla loro sopravvivenza. Se non lavori non mangi, e se non lavori alle mie condizioni (cioè arricchendomi) muori lo stesso e me ne fotto. Scioperi e proteste non servono a niente fintanto che il lavoratore delega il suo potere ai sindacati, i quali non fanno altro che accordi col potere. Il contratto vero lo fa lo stato con i sindacati. E i sindacati con lo stato si sono sempre accordati molto bene insieme, a tutto svantaggio degli schiavi che non possono, non devono decidere mai nulla, altrimenti non sarebbero schiavi deleganti. Ma sono abituati a non decidere, sono persino convinti di non esserne capaci. Gran bell’addestramento che fa la scuola, non c’è dubbio, il capitalismo gode. Dentro questo sistema ogni cosa è stata snaturata, non soltanto il senso del contratto di lavoro e il concetto stesso di lavoro. Persino l’essere umano è stato snaturato. Ma se nessuno sembra più farci caso, se anzi lo ritiene una normalità, la colpa è sia della cultura che ci viene somminitrata sottoforma di educazione e istruzione obbligatoria, sia della società forgiata da questa educazione e che crede in questa cultura, convinta addirittura che sia civiltà.

Cloud’s Waldenilpadrone

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Sotto il vestito la cultura dello sbirro.

Non è necessario indossare un’uniforme per essere uno sbirro, un servo dello stato, e neanche portare armi addosso come fossero appendici per frustrati autoritari. Direi anzi che gli sbirri con divise e pistole sono meno pericolosi proprio perché riconoscibili in quanto tali. Ma quando tutta la società viene modellata sul servilismo, sulla gerarchia e la competizione feroce, ovvero sull’autoritarismo, allora si è certi che lo sbirro è anche il tuo vicino di casa che ti controlla, o la massaia al mercato che indica il ladro di mele all’autorità, o il genitore che ordina e punisce, o l’impiegato arrogante che ti chiude lo sportello in faccia, o la maestra che addestra all’obbedienza e all’adattamento borghese, o il prete che predica la rassegnazione, l’inazione e la vana speranza, o il ragazzo ‘per bene’ che insulta l’immigrato, o la segretaria che fa la spia con la miserevole speranza di ottenere un sorriso dal capo… Lo sbirro sei tu.
Quando tutta la società si fonda sulla gerarchia e sui ruoli, sul mito assurdo della legalità, tutti sono degli sbirri, spesso inconsapevoli di esserlo. Li vedo tutti orribilmente adattati, leccaculo e asserviti, inneggianti alla legge, proprio come dei soldatini allineati e pronti a ricevere ordini e ad eseguirli, con la smania patologica di farlo bene. Lo ‘sbirro dentro’ è ovunque, e ha la particolarità di denunciare e criticare sempre le azioni e i pensieri di chi è altrettanto sfruttato, e di difendere invece chi sta più in alto di lui, sognando una ricompensa come fa ogni cane dopo un ordine eseguito bene. Dove volete che conduca questa cultura militare e fascista? Non vediamo i risultati ottenuti e che peggiorano sempre di più? Se esiste un’illusione perenne in questa società, è quella di credere che ci si possa emancipare attraverso il mantenimento di questa cultura ‘adattante’, che è una cultura che la scuola innesta nelle innocenti coscienze e mantiene abilmente in vita attraverso la manipolazione dei bambini. La scuola, cioè la fabbrica della massa servile, è sempre attiva, perché senza servi non potrebbero mai esistere padroni e ingiustizie.

Losbirro

Cloud’s Walden

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CONTRO OGNI OMOFOBIA

omofobia

La manifestazione omofoba promossa da un’associazione per la difesa della famiglia tradizionale e sostenuta dalla gerarchia clericale, dalla destra più retriva e dai fascisti rappresenta una provocazione per la nostra città.

La cosiddetta famiglia tradizionale è basata su una rigida gerarchia e sulla subalternità della donna, che sopperisce alle esigenze della riproduzione sociale. L’attacco economico e politico portato avanti in questi anni ai servizi sociali, all’assistenza, alla sanità, alla scuola, riporta all’interno della famiglia quei servizi che dovrebbero essere a carico della società, rafforzando ancora di più il ruolo dell’istituzione familiare tradizionale e l’ingiustizia sociale che essa rappresenta, basata sul sessismo e sulla gerarchia dei generi ben definiti nei loro ruoli. Ecco dunque che qualsiasi volontà di creare legami di affetto e di solidarietà che sfuggano all’impianto della famiglia tradizionale o che non siano riconducibili alla identificazione rigida dei ruoli legati al genere rappresenta qualcosa di incontrollabile, che sfugge al dominio e che va represso. Per questo motivo dietro alle campagne per la difesa della famiglia tradizionale troviamo razzismo, omofobia, fascismo.

Un ruolo particolare, nella difesa della famiglia tradizionale, è svolto da sempre dalla Chiesa cattolica, struttura gerarchica, retriva ed oscurantista, ostile a qualsiasi istanza di autodeterminazione. Da qualche tempo anche a Livorno assistiamo alla volontà della curia vescovile di dar voce alle istanze più tradizionaliste e retrive, spesso contigue ad ambienti neofascisti: a Livorno, con il consenso del vescovo si svolgono cerimonie dei cattolici tradizionalisti (ricordiamo la processione a Montenero del 2009 propagandata anche da Forza Nuova); nelle scuole pubbliche, per volontà della curia, è stata ripristinata la presenza dei preti per l’insegnamento della religione; i continui interventi del vescovo sulla politica cittadina e internazionale sono caratterizzati da toni aggressivi, mentre nelle gerarchie religiose assume sempre più potere Comunione e Liberazione, di cui un noto esponente si è candidato alle ultime elezioni amministrative sostenendo Nogarin al ballottaggio.

Quindi, se gli omofobi decidono di fare una comparsata a Livorno, se la questura vieta manifestazioni di protesta contro una presenza che è un’evidente provocazione razzista questo può avvenire perchè nella nostra città c’è un terreno favorevole alle forze oscurantiste e reazionarie. E’ dunque quotidianamente che va svolta la battaglia contro la restrizione di qualsiasi espressione di dissenso, contro i blocchi di potere più o meno evidenti, per l’affermazione della libertà e dell’autodeterminazione, nelle relazioni sociali come in quelle personali, che devono essere libere da vincoli legali e da pregiudizi, per la costruzione di una società nuova, dove non sia presente nessuna forma di oppressione, economica, politica o
religiosa.

NÉ DIO, NÉ STATO, NÉ FAMIGLIA!

Federazione Anarchica Livornese
Collettivo Anarchico Libertario

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Lettera di Marco Camenisch.

Lettera di Marco Camenisch dopo la sua evasione dal carcere svizzero di Regensdorf nel 1981.topelementst

“Loro vogliono essere i nostri padroni,noi non vogliamo essere né servi né padroni.
Per questo ci hanno rinchiusi,per questo che siamo evasi. Per questo che abbiamo rischiato libertà,morte,isolamento totale. Per questo abbiamo ucciso un mercenario. Ma l’assassino è lo stato,addestratore di servi volontari,cittadini-soldati,poliziotti e altri portatori di divisa,di cui alcuni sono dei robot senza alcun istinto di conservazione,che,nelle prigioni dei loro padroni torturano e infieriscono contro la più fondamentale dignità umana. Su comando,uccidono a tradimento,effetuano pestaggi massacratori e avvelenamenti negli appartamenti e sulle strade. Non accontentandosi di assassinare, lo stato fa anche da sciacallo,sfruttando cadaveri per mantenere,approfondire e ristabilire l’interiorizzazione dell’oppressione,e l’oppressione stessa. Con successo,considerando il fatto della corona donata da parte di detenuti al loro aguzzino morto,considerando le critiche da parte del movimento relative all’azione di autoliberazione e alla data del suo avvenimento (poiché svoltasi poco dopo una conferenza stampa sulle condizioni carcerarie,da parte dell’opposizione al carcere,tenutasi il 12 dicembre 1981 a Zurigo). Il contenuto politico-spettacolare di qualunque azione lo decide sempre lo stato,secondo i suoi bisogni. Di questi ce ne freghiamo altamente. Un’azione collettiva come quella del 17 Dicembre 1981 nel (fuori dal…ah,ah,ah!) carcere di Regensdorf,può venir sfruttata in modo spettacolare,solo perché tra gli evasi c’è gente altamente mistificata dallo stato,individui decisi e radicali contro le basi del potere e della schiavitù,cioè soldi.uniformi,leggi ed economia. L’azione è stata un pretesto e uno spunto eccezionale per lo stato per continuare la propaganda per un suo bisogno centrale: cioè giustificare,allargare,perfezionare il sistema carcerario,base di repressione e sterminio di qualunque espressione di vita che si oppone al cancro dilagante dello stato militare e poliziesco dei padroni. Il porcile politico del vertice e i suoi instancabili portavoce strillarono e grugnirono il loro intero repertorio di cinismi sotto forma di lutto e indignazione ipocrita,le loro menzogne tattiche attorno alle circostanze dell’azione collettiva e attorno al mercenario dello stato repressivo stecchito e a quello ferito.Loro sono ben coscienti che se un guardiano è strumento di sfruttamento dei loro prigionieri,malgrado preciso richiamo di star fermo,si getta su di una 38 puntandogli da mezzo metro,per impedire il recupero di una scala purtroppo assolutamente necessaria,la responsabilità delle conseguenze è loro. Politica è potere. La nostra azione è politica,poiché effetuata da oppressi in una società oppressiva. Ma è effettivamente un atto nella lotta contro politica,potere,stato,carcere,oppressione. Chi ha in caso di autoliberazione,critica la data del suo svolgersi e non capisce o condanna uno dei tanti paritari e ugualmente necessari livelli di lotta di liberazione,non ha compreso la natura di Stato,Potere,Politica,Prigione,Oppressione,non ha capito come siano logicamente intersecati fra di loro,o si muove da politico all’interno di questo tessuto. E non da militante contro l’oppressione,anche se capace di ragionamento politico,al di fuori di questa logica. Liberazione è azione diretta. L’iniziativa propria può vivere e allargarsi solamente se radicale.Contro sua natura e quindi autodistruttrice è trattare e persino agire con padroni, Stato,opinioni pubbliche,masse e classi schiave.Libertà per Pierluigi(ripreso poco dopo,per lui le nostre lacrime),la libertà per tutti! Radiamo al suolo le prigioni!”.

Marco Camenisch

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Arrestati NO-TAV (Lettera di Lucio dal carcere di Varese)

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Ciao a tutti e tutte

Capita che vi stia scrivendo da quel bel buco di ferro e cemento
chiamato casa circondariale di Busto Arsizio. Potrei raccontarvi tanti
aneddoti per dare un’idea della vita qui, ma preferisco riassumere: come
ogni galera è un posto di merda, dove burocrazia arbitraria e
menefreghismo generalizzato la fanno da padroni. La miglioria più
urgente di cui c’è bisogno è abbattere tutto e farci un parco giochi:
vi assicuro che scivoli e altalene sono meglio di qualsiasi supposta
(proprio) rieducazione.

Per fortuna, la solidarietà tra detenuti si sente e con un po’ di
determinazione si ride in faccia a tutta la pomposa gerarchia sbirresca.

La prima e per ora breve esperienza in carcere sta in compenso riuscendo
a darmi qualche idea su come tutto ciò che si muove attorno alla lotta
raggiunga chi non ha la possibilità di partecipare di persona ad
incontri e iniziative.

L’assenza di fonti diverse dalla tv per avere informazioni fa sì che
solo lo sforzo dei compagni fuori aiuti a farsi un’idea di come va il
mondo, e ancora meglio a riuscire a seguire l’evolversi delle lotte.

Abbiamo imparato, da fuori e da dentro, e nel mio caso da entrambi i
lati, l’importanza di una buona rassegna stampa periodica: mi ha
insegnato fuori a selezionare insieme ad altri i contributi più
significativi e a fare attenzione ad assemblare un fascicolo che sapesse
raccontare ai prigionieri ciò che si stava muovendo, la solidarietà e
le analisi da fonti più disparate. Costringersi a restare letteralmente
sul pezzo è prezioso: le notizie o i ragionamenti, che aleggiano
nell’aria e si respirano quotidianamente nell’osmosi della vita vicino
ai propri compagni, in galera non arrivano.

Allora si prova a superare la distanza, scrivendo lettere e raccogliendo
materiale, perché i prigionieri non siano solo amorevolmente accuditi,
ma si sentano in grado di essere parte attiva in ciò che accade.
Passato dalla parte peggiore del muro mi sono visto confermata
l’importanza degli strumenti che da libero ho utilizzato senza
comprenderne appieno il potenziale. La vera frustrazione da detenuto è
il timore di poter diventare disutile, un peso per chi ti è vicino e
fonte di preoccupazioni. Una fitta corrispondenza e un continuo flusso
di aggiornamenti ha fatto sì che in poche settimane potessi ritenermi
di nuovo attivo e combattivo, a fianco e non al traino dei compagni.

Le molte cartoline, saluti, lettere e notizie dal campeggio, sia da
vecchi che nuovi amici, mi hanno fatto venire un’idea che voglio
sottoporvi come proposta.

Sarebbe bello e molto utile che dalla Valsusa, con l’aiuto dei compagni
sparsi in tutta Italia, partisse una raccolta di notizie e materiali
NoTav (Piemonte, Terzo Valico, Trentino…) organizzata e catalogata per
essere periodicamente spedita ai detenuti: un insieme di articoli di
stampa, comunicati del movimento, contributi o lettere di imputati,
report di udienze, ragionamenti… apparsi su siti internet e
quant’altro, per rafforzare quel legame diretto tra il movimento NoTav e
i prigionieri.

I vantaggi di un opuscolo informativo di questo tipo sarebbero molti:
alleggerirebbe un lavoro di archivio di materiali NoTav raccogliendo
periodicamente i contributi più significativi; faciliterebbe la
diffusione anche in carcere di scritti su un tema che spesso incontra
simpatie o perlomeno curiosità e stimola dibattito; aiuterebbe chi si
occupa di spedire ai compagni le rassegne stampa generali, snellendone
il contenuto. Inoltre, se prodotto da diverse persone o gruppi a
rotazione, mantiene attivo uno scambio continuo di informazioni e idee.

Mi sento di proporre un progetto di questo tipo in particolar modo
all’assemblea degli “inquisiti” NoTav che si è riunita il 23 agosto, ai
comitati e naturalmente a tutti coloro che volessero dare una mano, tra
i quali mi metto da subito: anche se vedo difficile un’assemblea nella
sala colloqui del carcere di Busto! …Troverò il modo di rendermi
utile!

Mi tegni dür, vualter föra vedet de fa i stess!

A prestissimo

Un abbraccio a tutti e tutte

_Lucio_

Per chi volesse scrivergli:

LUCIO ALBERTI
VIA PER CASSANO MAGNAGO, 102
21052 BUSTO ARSIZIO (VA)

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