Lo stato non è la soluzione dei problemi,è la causa.

Ma chi è che vorrebbe il disordine sociale? Gli anarchici? Così come dicono tendenziosamente i dizionari col marchio Siae? Ma riflettiamo! A che pro’? A chi giova davvero il disordine, il crimine, la violenza, cioè le cose orribili a cui assistiamo quotidianamente con lo stato, se non proprio allo stato, per farsi passare come deus ex machina? Senza poi parlare del fatto che lo stato stesso, in se stesso, è violenza! E’ esercizio della violenza espressa al suo massimo immaginato, e anche oltre ciò che una mente sana possa immaginare. Può mai esistere un male più atroce della guerra tra nazioni dove vengono ammazzati milioni di persone, bambini compresi, spesso pure usati come soldati? La guerra è legale, è roba di stato, è lo stato, al di là delle sue ‘belle parole’ stampate! Può mai esistere qualcosa di più abominevole dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo? E lo sfruttamento di ogni altra cosa che vive e che non vive? Ma come si può immaginare che l’anarchia sia il corrispettivo di disordine se viviamo quotidianamente con l’esempio più eclatante di disordine e violenza inaudita dovuta a una struttura sociale fondata sulla coercizione e un ordinamento giudiziario punitivo-ricattatorio? Eppure c’è gente che crede ancora che lo stato sia la soluzione dei problemi, e non la vera causa, e che l’anarchia porti al disordine, e non invece alla libera associazione tra individui eguali nei diritti che obbediscono soltanto alla loro umana coscienza, non più viziata, finalmente, dalla cultura attuale competitiva e disumana. L’errore è dovuto anche al fatto che non esiste in questa società statuale una buona diffusione del pensiero anarchico, lo stato cassa i filosofi anarchici, ancorché eminentissimi, semmai accusa sempre l’anarchia di disordine, per cui la gente pensa davvero, ancora oggi, come nei tempi remoti, che lo stato sia un padre benevolo che risolve tutti i problemi, mentre invece li crea, o per meglio dire, che li fa creare ai suoi stessi sostenitori, ingenui e ignari nel migliore dei casi.

Cloud’s Walden

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Solo per la libertà son nato un giorno e son vissuto..

“Solo per la libertà
son nato un giorno e son vissuto ed ho lottato ed ho perduto.”

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Ieri è stato ucciso il quarantacinquesimo attivista (dall’inizio del 2015) per la liberazione amazzonica nell’alto Parà (brasile). Come tutti gli altri “sacrificato” in nome del progresso, un progresso che veste i panni di una società che divora alberi indiscriminatamente, per appropriarsi del legno o per lasciare spazio a miniere, dighe, coltivazioni estensive. Come per i suoi compagni che hanno subito la stessa sorte nei mesi scorsi rimarrà un omicidio impunito, schiacciato all’oblio per dare sfogo e strada a colossi internazionali del legname, dell’informatica, della farmaceutica. L’assassinio e’ una pratica utilizzata quando gli eserciti assoldati dalle multinazionali non riescono a fermare la protesta dei nativi; dopo vessazioni, intimidazioni, incendi, raid aerei con pesticidi che avvelenano campi e sorgenti, pestaggi a danno di donne, anziani e bambini non riuscendo a piegarli nella loro dignità di popolo allora colpiscono con estrema crudeltà gli uomini che lottano nelle foreste, gli attivisti più duri e indomabili, i padri, i compagni. Tutto questo nel completo silenzio della politica, informazione brasiliana. Un popolo incenerito per riempire gli scaffali dei grandi magazzini, degli outlet, dei supermercati europei ed americani. Chi sono i responsabili? coloro che devastano o coloro che acquistano la devastazione? chi sono i mostri? coloro che sparano nella schiena a donne inermi o coloro che sorridono dei propri privilegi? bastano dei chilometri di separazione per girarci dall’altra parte? basta un mare a dividerci? ieri e’ stato ucciso, massacrato, umiliato da morto un uomo per bene (nell’accezione vera del termine), un padre, un compagno, un ragazzo di venti anni, l’unica colpa quella di difendere le foreste dai sicari pagati dalle marche note, i cui volti di cartapesta, i sorrisi falsi delle loro merdose pubblicità troneggiano sui muri delle nostre vie. Solidarietà incondizionata senza compromessi ai popoli Guaranì, Kaiowa, ai Kayapó, complicità ai difensori degli ultimi polmoni della terra. Liberazione totale urlata con gli occhi bagnati dal dolore, con le mani sporche di responsabilità, con i piedi affondati nel loro sangue. Oggi le coglionate superficiali spacciate come informazioni si nascondono dalla vergogna…

Olmo

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