Il 21 ottobre 1928 nasce a Milano Giuseppe Pinelli.

Nel 44/’45 partecipa alla Resistenza antifascista come staffetta delle Brigate Bruzzi e Malatesta. Dopo la fine della guerra “Pino”, partecipa con entusiasmo alla crescita del movimento Anarchico a Milano.
Nel 1963 si unisce ai giovani Anarchici della “gioventù libertaria”, due anni dopo è tra i fondatori del circolo “Sacco e Vanzetti”.
Nel 1968 uno sfratto costringe i militanti alla chiusura del circolo ma, il 1° maggio Pinelli è tra gli inauguratori di un nuovo circolo, in piazzale Lugano 31, a pochi metri dal “Ponte della Ghisolfa”
Dopo gli assurdi e premeditati arresti degli Anarchici per le bombe esplose il 25 aprile 1969 a Milano, alla stazione centrale e alla fiera campionaria (saranno assolti nel giugno 1971), Pinelli si impegna alacremente per raccogliere pacchi di cibo, vestiario e libri da inviare ai compagni in carcere. Nell’ambito della appena costituita Croce Nera Anarchica, si impegna nella costruzione di una rete di solidarietà e di controinformazione, che possa servire anche in altri casi simili.
giuseppe-pinelli
I servi fascisti presenti nella stanza dove è stato assassinato Pino: il commissario calabresi, i poliziotti vito panessa, giuseppe caracuta, carlo mainardi, piero mucilli ed il tenente dei carabinieri savino lo grano. Questa è una testimonianza tratta dall’ Espresso del 22 febbraio del 1970 a poco più di un mese dai fatti di Piazza Fontana dove Giuseppe Pinelli,per noi anarchici il compagno Pino ha trovato la morte per futili motivi,un documento molto importante che testimonia che spesso nelle mani dello stato si può morire soprattutto quando si è scomodi come nel caso di Pino perché si è capito che le cose stavano in tutt’altro modo,allora è necessario far tacere,bisogna per forza trovare il capro espiatorio,la vittima ideale. In questo documento Camilla Cederna raccoglie la testimonianza di un poliziotto che definisce pino come un bravo ragazzo prendendo le distanze dall’allora questore di Milano Marcello Guida.

“Capace di ricorrere ad atti di violenza,secondo le mie informazioni implicato nei fatti di questi giorni,amico di molte persone sospette,quindi fortemente indiziato”. Così con voce pacata,con viso solenne e professionale il questore di Milano Marcello Guida,mi aveva parlato di Giuseppe Pinelli nella notte dal 15 al 16 dicembre,a poco più di un’ora dalla sua morte,quando nel cortile non s’era ancora asciugato il sangue sull’aiuola di sinistra e ancora si poteva scorgere l’impronta del corpo tra l’abete,la palma e il grosso cespuglio stecchito.

Intanto il commissario Luigi Calabresi,grave,annuiva; lui non era seduto come il questore ma andava e veniva dalla stanza piena di fumo,un grande bruno molleggiato,con fuori dalla giacca l’alto collo del golf di cammello. Lo stesso giovanottone elegante (addestramento speciale in America,e lunga abitudine alle palestre),che l’11 gennaio a <<L’Unità>> ha fatto una sorprendente rivelazione: “Contro Pinelli non avevamo niente,era un bravo ragazzo,lo avremmo rilasciato il giorno dopo”.

Ecco dunque un personaggio che a un mese di distanza dai fatti si distacca dal questore,lasciandogli tutta la responsabilità delle frasi pesanti dette in varie conferenze-stampa circa la colpevolezza del Pinelli e il suo suicidio inteso come autopunizione; ed è uno dei personaggi più interessanti e contraddittori dell’attuale squadra politica milanese.

E’ lui che insieme al suo uomo di fiducia, il brigadiere Vito Panessa,e al commissario Beniamino Zagari,la stessa sera della bomba di piazza Fontana va a perquisire la sede del circolo di via Scaldasole e porta in questura l’anarchico Sergio Ardau mentre Pinelli,ugualmente convocato,sul suo motorino segue l’850 blu della polizia. E’ Calabresi che in macchina parla della “sicura matrice anarchica degli attentati”e,a meno di tre ore dalla strage,fa già il nome di Valpreda come uno “di quei pazzi criminali infiltratisi nel movimento”,quindi all’Ardau dice:”Dovresti aiutarci anche tu a beccare queste belve che possono uccidere ancora!”.

Compagn*

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