Carrara una discarica a cielo aperto.

Nel gennaio del 1920 sulle colonne del giornale “Il Cavatore”,l’avvocato socialista Vico Fiaschi lanciava il grido “Le cave ai cavatori”,rivendicando il possesso e l’utlizzo degli agri marmiferi da parte dei lavoratori e contestando le usurpazioni e le concessioni dei cosiddetti baroni del marmo che si erano arricchiti sfruttando il duro lavoro dei lavoratori. All’epoca,gli occupati nella escavazione,lavorazione e trasporto del marmo nel comprensorio carrarese ammontavano a circa 12.000 unità.
Oggi la situazione é radicalmente cambiata. I baroni del marmo ci sono ancora,anche se,nella maggior parte dei casi,sono rappresentati da grandi multinazionali,il cui enorme potere é direttamente proporzionale alla loro “impersonalità” ma gli addetti all’escavazione,lavorazione e trasporto marmo,si sono ridotti a non più di 600 unità.
Le macchine hanno da tempo rimpiazzato gli uomini. La produzione é aumentata in maniera vertiginosa. I profitti,sempre più per pochi e sempre più elevati. I pericoli per chi lavora,sempre presenti. La “comunità” carrarese non dipende e non vive più,come un secolo fa,da e su il marmo. In compenso,i disagi e le nocività derivanti da tale attività sono giunti a livelli di guardia. Il trasporto su gomma dei blocchi e dei detriti,che ha da tempo soppiantato quello precedente su rotaia ha congestionato e inquinato le strade di Carrara e dintorni. La distruzione delle montagne é progredita in maniera esponenziale,mentre i paesi a monte e la stessa città si stanno gradualmente spopolando.Carrara non è più la patria del marmo,nel senso che tale affermazione poteva avere economicamente e socialmente,agli inizi del 900. Oggi, é gestita e controllata da pochi e “impersonali” padroni,e abitata da un migliaio di novelli schiavi,da decine di migliaia di disoccupati e da altrettanti precari,impiegati,addetti a servizi improduttivi,dipendenti part-time,lavoratori stagionali,giornalieri in nero,ecc. Quindi,alla luce di quanto sopra possiamo dire che Carrara non è la patria del marmo ma è una discarica a cielo aperto!
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2 Risposte a “Carrara una discarica a cielo aperto.”

  1. Non è possibile in alcun modo parlare di sicurezza del territorio senza prima intervenire a monte. Si leggono tanti post di persone che si indignano di fronte allo scempio delle montagne e onestamente non ho ancora capito se si indignano perché loro non ci mangiano oppure sono veramente dispiaciute per la devastazione in corso e hanno veramente preso coscienza dei danni provocati in questo ultimo trentennio dalla devastazione,e che si riversano nel Carrione causando ciò che ormai è tristemente noto a tutti ormai. Si parla di regolamentazioni ma cosa vogliamo regolamentare,si sono fatti le leggi su misura per continuare a devastare indisturbati e agevolare i soliti noti. Viene dato ad intendere ad un’intera popolazione che le cave sono l’economia di Carrara,lo saranno state un tempo sicuramente,allora si che erano una risorsa per la collettività. Chi non ha avuto o ha almeno un parente a Carrara che non ha lavorato o lavori nell’ambito del lapideo,credo quasi tutti ormai,mio nonno stesso,all’età di 9 anni era già in cava a fare il “bagascio” e ci è rimasto per oltre 50 anni ma allora le alternative di lavoro erano pochissime,oggi invece si celano dietro la scusa della crisi dicendo che è l’unica attività che ancora funziona pur di non cercare alternative fruibili a tutti per poter vivere. Carrara e i carrarini stanno subendo una violenza quotidiana perché è violenza pura quella che loro attuano sulla cittadinanza venendo meno a quelli che sono i loro doveri,ossia di tutelare in primis la sicurezza dei cittadini e del territorio,ma loro pensano ai loro di interessi dimenticandosi totalmente delle sorti dei cittadini stessi. Hanno portato la nostra città ad un livello di impoverimento spaventoso,si sono resi responsabili del degrado di ogni angolo della città e delle sue frazioni,hanno inquinato le nostre acque e hanno devastato le nostre montagne, come piovono 2 gocce d’acqua scatta l’ansia collettiva,cosa ancora si permetteranno di farci? Se tutto questo non è violenza come la vogliamo chiamare allora. Vorrei che la mia città natale con tutte le sue frazioni venissero vissute da tutti,vorrei fare in modo di rilanciare il turismo, non far scappare le persone da Carrara perché un negozio si e uno no sono stati costretti a chiudereci troviamo in una posizione geografica invidiabile,in pochi chilometri possiamo andare dal mare ai monti,ma loro hanno messo le mani dappertutto rovinando ogni cosa per la loro insana politica clientelare.
    Si deve assolutamente uscire dall’ottica della delega e prendere in mano la situazione,non può esistere alcun partito o movimento che possa risolvere la situazione in una società dove è il denaro a farla da padrone e la storia ce lo insegna da 70 anni ormai quindi è inutile continuare a farsi il karakiri con la roulette del voto. Dobbiamo riappropriarci degli spazi di aggregazione che ci vengono negati e cominciare a discutere tra umani per trovare tutti quanti insieme una strada per poter arrivare all’attuazione di un sogno realizzabilissimo. L’autogestione di Carrara!!!

  2. La distruzione delle alpi apuane appare evidente e quello che ne consegue dovrebbe bastare per bloccare tutto, anche con la forza. Il credere che la chiusura di questi cantieri porti disoccupazione significa voler continuare a credere alle bugie, chinare la testa e chiudere gli occhi. Il tempo necessario alla riqualificazione del territorio partendo proprio dallo sanare e ricostruire ciò che lo scempio capitalista fin’ora ha fatto, questo basta e avanza per dare occupazione ai lavoratori delle cave e non solo, a parer mio. Mi domando spesso cosa deve capitare ancora nel vostro territorio perché la sua popolazione prenda coscienza di una lotta che non può essere fatta, a mio avviso, solo a parole. Spero che la passione ribelle che un tempo era propria dei carrarini non sia scomparsa del tutto e mi auguro di poter aggiungere alle lotte no tav, no muos, no grandi navi ecc. anche la lotta NO CAVE.

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