Chi sceglie di sottomettersi non è autodeterminat*

Chi si impegna nella lotta per la legalizzazione della prostituzione e impartisce lezioni sull’autodeterminazione mente sapendo di mentire.

È inaccettabile, poi, che si venga a bacchettare gli anarchici accusandoli di autoritarismo. E’ evidente che certuni non comprendono o fingono di non sapere che gli anarchici mai presterebbero il fianco a questo gioco al massacro. Sappiano che sia che portino avanti le loro invettive per ignoranza o malafede, poco ci importa: la prostituzione spacciata come stigma di vera autodeterminazione è incompatibile con l’anarchia, lontana com’è mille anni luce da qualsiasi asservimento allo sfruttamento, anche quando fosse esibita come libera scelta.

In ogni caso è un discorso che viene affrontato da certa gente sottovalutandone le complessità e i risvolti più profondi, le ricadute, l’impatto devastante nel sociale. Così gli conviene equiparare la libertà di abortire con quella di prostituirsi, mettendo tutto in un calderone unico che distoglie dalla visione più profonda della questione prostitutiva. E se analizziamo le percentuali dei favorevoli alla sua legalizzazione troviamo un bell’80% di benestanti o straricchi.Chissà come mai…

Anche insistere nel sostenere che la prostituzione è un lavoro come un altro e che in fondo il lavoro salariato è ìn sè schiavitù per cui regolamentarla è doveroso per acquisire diritti etc è un altro modo di falsificare la realtà e le sue sfaccettature. Certa gente ti racconta che qualsiasi parte del corpo è assimilabile a una qualsiasi altra,senza differenze sostanziali, negando di fatto l’esistenza di quella sfera che per brevità possiamo sintetizzare nel termine sessualità. Ma se fosse veramente così allora perchè stuprare una donna è considerato nettamente diverso dallo spezzarle un braccio? E perchè se si prova ad avanzare una critica si viene bollati per direttissima e con astio con il marchio di puritani, bigotti, sovradeterminanti, fascisti? Magari questi fustigatori scrivono anche sul giornale dei celerini e allora va tutto bene, eh?
Riscontrare di continuo che ci sono migliaia di persone convinte che la legalizzazione sia la soluzione dimostra il danno profondo avvenuto nelle coscienze.

Riteniamo che lo Stato pappone non debba richiedere gabelle a chi si prostituisce, non ne ha alcun diritto. Nello stesso tempo pensiamo di non dovere nulla a chi liberamente si prostituisce. Scelta sua,problema suo. A noi interessa soltanto che si eviti un ulteriore allargamento di un disastro sociale millenario che nella regolamentazione troverebbe terreno fertile a un più facile e legalissimo sfruttamento.Non intendiamo sacrificare la pelle delle donne oppresse per accontentare chi decide liberamente di diventare merce scambiabile. Si arrangi,si organizzi in cooperativa, faccia assolutamente quello che le pare, compreso ostentare il suo pride o il suo talento, ma sul resto della questione porti rispetto.
Dobbiamo lottare contro ogni forma di dominio e di schiavitu’,il resto sono ciance di pennivendoli e lecchini al soldo del Potere.

Il Potere non va ri-formato, va abbattuto insieme a tutti i muri che ha eretto per poi ricostruire la società a partire dalle sue fondamenta, cioè dalla SCUOLA dell’obbligo. Bisognerebbe farne un grande, immenso falò che arda fino a che le sue architetture si trasformino in cenere. Perchè è proprio da lì che parte TUTTO, ma anche questo è un punto che sfugge troppo spesso a una visione di insieme corretta. Questa invece tende a relegare e ridurre il dramma dell’ingiustizia sociale al frutto marcio chiamato capitalismo. Ampliamo lo sguardo, allora, il tempo stringe. La questione è antica e ha un nome preciso: Dominio.

Lo Stato pappone, molto astutamente, dopo aver lasciato per decenni che i quartieri delle città si trasformassero in sacche di degrado, in moderni far west dove la guerra tra poveri raggiungesse punte di violenza atroce lasciando piena libertà alle organizzazioni criminali di fare e disfare indisturbatamente, di regolare i loro conti, di tiranneggiare da padroni spietati sui traffici di sesso e di droga, oggi bussa alla porta delle sex-workers e richiede il dazio. Loro, giustamente, non ci stanno e chiedono in cambio garanzie e tutele. Dov’è l’errore di fondo? È quello di equiparare la prostituzione a un lavoro. Non lo è.
È da qui che bisogna partire. E’ importante rifiutare questa equiparazione al lavoro basata sulla compravendita dei corpi.Se invece si accetta questo come dato di fatto ammettendolo giusto nella sostanza, allora cadrebbe tutto l’impianto abolizionista.

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