La cultura fascista del dominio.

Come possono molte ‘persone’ incazzarsi per i maltrattamenti che subiscono gli animali, e rimanere inermi e addirittura entusiasti di fronte ai maltrattamenti che subiscono le persone? Essendo il fascismo una cultura, cioè un insieme di valori autoritari innestati e a cui si crede ciecamente, esso vive inconsapevolmente nella coscienza distorta di moltissima gente plagiata dal sistema fin dall’infanzia. Questa cultura è in sé contraddittoria, poiché stabilisce confini e limiti, scale gerarchiche e classifiche, e al contempo illude la gente che il rimedio per i mali sociali sia proprio la causa che li produce: lo stato. Sicché uno dei primi confini mentali e culturali che questa società ha imparato a disegnarsi è quello tra animali e uomini. E un’altra contraddizione sta proprio nel fatto che gli uomini devono ergersi a padroni rispetto agli animali. Ma perché allora prendersi pena per il loro sfruttamento, se il presunto diritto di dominio dell’uomo sugli animali è stato culturalmente sancito con una linea ben marcata? Semplicemente per darsi una lavata di coscienza, una parvenza di falsa umanità laddove non può esistere. E infatti cos’ha la cultura di stato, fascista in sé, di tanto orribile, da costringere la società a lavarsi la coscienza con una finta pena per gli animali sfruttati? La cosa orribile è che questa cultura pone confini e limiti anche negli esseri umani stessi, per cui ad esempio un deputato varrebbe molto più di un analfabeta, posto che l’etichettatura sia stata prima costruita, e questa costruzione di etichette e ruoli è uno dei compiti precisissimi della scuola istituzionale. E allora succede che, in costante ricerca di confini ed etichette, che creano inevitabilmente i conflitti, la cultura dominante è profondissimamente razzista. Io purtroppo vedo gente che tutti possono definire ‘normale’, tanta gente così, che si scandalizza di fronte alla macellazione di un bovino, ma che, se potesse, e spesso lo fa ad esempio con le guerre, ammazzarebbe un nemico che il sistema gli inventa alla bisogna, ricevendo dallo stesso sistema persino delle false giustificazioni (finta superiorità di cultura, ad esempio, o bisogno di ‘spazio vitale’, come diceva Hitler, ecc). Allora dove sta il problema, se non alla sua causa e non ai suoi effetti? E’ inutile ‘punire’ gli effetti, si ripresenteranno pari pari, come storia insegna. Togliere allora la causa, eliminarla del tutto! Questo significa però saper rinnegare la cultura a cui la società è ormai da millenni devota. E come si può eliminare e non credere più in qualcosa che, fin da bambini, ci hanno insegnato a percepire come sacra? Capite perché è così difficile avere una società finalmente libera e giusta? Come diceva Malatesta, ‘lo stato è come la religione, vale solo se la gente ci crede’.

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Una risposta a “La cultura fascista del dominio.”

  1. “Sicché uno dei primi confini mentali e culturali che questa società ha imparato a disegnarsi è quello tra animali e uomini.” Concordo, e da antispecista vedo in questa divisione la causa prima di tutte le altre. L’uomo definisce se stesso come negazione dell’animale. L’animalità diventa accezione negativa. Quindi da lì in poi, per squalificare l’ “altro” , gli si attribuiscono caratteristiche negative dell’animale: sessismo, razzismo …etc vedono nel nemico una degenerazione ad animale della figura positiva (uomo maschio, solitamente bianco, custode del creato).
    Condivido che il falso interesse per il benessere animale (a fini di mercato) e per i maltrattamenti da parte di organi di potere, sia sempre funzionale a rifarsi la facciata e mostrarsi per quel che non si è.
    Tuttavia il crescente interesse per le sofferenze altrui (altri animali e anche umani, si spera), se proveniente dal basso, può essere da stimolo per una rivalutazione generale dei ‘princìpi’ che reggono le società. Cioè se l’animale non può essere considerato inferiore, se anche lui è portatore di culture e affetti (da studi etologia) diversi ma non inferiori,loro che sono ‘senza confini’, anche tutte le altre divisioni, tra umani, non possono che cadere.

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