Lo stereotipo della donna “lunatica”.

Quant* conoscono l’espressione popolare lunatica usata impropriamente anche nei riguardi dell’uomo per sottolineare un repentino cambiamento d’umore derivante dal fatto che sia la luna che la donna ogni 28 giorni compiono il loro ciclo? Immagino poche persone anche se è un’espressione usata quasi da tutt* rivolgendosi all’altro sesso per sottolinearne il cambiamento improvviso di umore. Tuttavia è da sempre un’espressione detestata dai movimenti femministi in quanto considerata un’etichetta, ma vediamo da dove nasce questa espressione popolare la quale ha origini secolari.
La “donna lunatica” fu il nodo centrale di un discorso sulla mutevolezza femminile che fu alla radice dell’antifemminismo e della scarsa attendibilità della donna qual testimone, anche in caso di stupro. Sulle lunatiche cioè sul carattere imprevedibile e lunatico delle donne molto fu scritto dall’imperante MISOGINIA. [Una potente letteratura si destreggiò variamente sulla presunta “mutevolezza delle donne” collegata anche ma non solo al ciclo mestruale quanto e soprattutto all’esistenza nel loro encefalo di una “zona cava” permeabile ai condizionamenti psicologici come pure alle possessioni preternaturali, convinzione su cui poggiava sia la sanzione generale della sua inferiorità rispetto all’uomo con necessaria subordinazione a padre, eventualmente, marito ma anche quella specifica quanto estremamente pericolosa della sua relativa attendibilità in campo giuridico quale testimone, anche in delitti perpetuati a suo danno come lo stupro. La prima erudita che con sagacia e coraggio sfidò gli eruditi e riuscì a demotivare il tema della lunaticità delle donne fu come si legge qui “Elena Cassandra TarabottiI” (1604-1652) meglio nota come “Suor Arcangela Tarabotti”.
La grandezza della Tarabotti risiedeva in certe sue intuizioni, oltre che nel suo modo di scrivere agile e moderno rispetto all’epoca = l’equazione donna= lunatica(comunque più rischiosa di quanto si pensi sottindendendo l’oscura identità della donna con la triforme dea Diana che comportava ambigue ulteriori equazioni come quella di donna pagana = donna strega = puttana), non era come anche sembrava ad alcune donne dell’epoca una mera sanzione dell’equazione donna= maliziosa civetta (variamente ripresa in ambito letterario = senza indulgere nelle citazioni basta qui citare quanto ne disse la letteratura giocosa e nel caso G. C. Croce in una sequenza narrativa del suo celebre “Bertoldo”) ma celava una “trappola giuridica pericolosissima” (e di cui a lungo le donne avrebbero pagate e pagano le conseguenze) quella dell’ inattendibilità della donna di rimpetto alla testimonianza anche in caso di molestie e violenze sessuali.
streghe

/ 5
Grazie per aver votato!

Rispondi