Quei confini che ci segnano la vita.

Breve storiella…

Una mattina nella Valle Dorata, cosi è chiamata l’intera piana coltivata a grano, il sole, non ancora alto, scalda già la folta chioma dei due vecchi ed isolati ulivi.
La loro è una storia davvero singolare…

Come due fratelli sono cresciuti insieme, pochi centimetri separano i loro rami e le loro foglie.
La natura però, anni fa, giocò loro un bello scherzo perché, se pur uguali e cosi vicini, l’uno produce belle e corpose olive nere, l’altro gustosissime olive rosse.

Per questa loro singolare attitudine sono conosciuti in tutta la regione come: il Rosso ed il Nero.
Negli anni hanno sopportato torride estati e gelidi inverni, superato siccità e forti temporali, cosa più importante, hanno conservato per lungo tempo, forse proprio dietro la spessa corteccia, un misterioso segreto.
Solo una cosa, ahimè, li ha sempre divisi: un muro.

Quel confine, così marcato e artificiale, ha sempre contraddistinto le loro vite.
Rosso è sempre stato fortunato! Le sue foglie hanno visto giovani scambiarsi promesse d’amore e uccellini nascere in quei nidi che nel tempo ha ospitato.
A Nero, invece, la vita non ha mai sorriso.

Nel lontano ’43 alcuni militari tedeschi fucilarono ai suoi piedi dieci partigiani italiani, il sangue dei poveri ragazzi macchiò Nero in maniera indelebile.
Dieci anni dopo il forte arbusto dalle olive nere si ammalò. Tubercolosi dell’olivo, una grave malattia di origine batterica che indebolisce gravemente le piante.
Il tempo passava e Rosso guardava il vecchio amico peggiorare di giorno in giorno, sembrava dovesse cadere da un momento all’altro, qualcosa però lo teneva irrazionalmente in vita e Rosso, in cuor suo, era fiducioso.

Senza nessuna cura, e senza una ragionevole spiegazione, il forte albero si riprese, pareva rinato, come se una forza esterna e dirompente lo avesse aiutato.
Passarono gli anni e finalmente il destino strizzò un occhio agli oramai centenari arbusti.
Un contadino, che aveva visto sempre di malo modo quell’ammasso di pietre, comprò entrambi i terreni dove, si racconta, anni addietro le due piante avevano messo radici. Finalmente era arrivato il momento di abbattere quel muro che per anni li aveva divisi.

Quello che agl’occhi dei presenti si mostrò fu sconcertante.
Infatti, senza le pietre e con la terra smossa, il contadino notò che le due piante, così vicine ma così diverse, avevano un’unica ed immensa radice che ne alimentata le foglie e nutriva i frutti.
Quel confine ne aveva segnato l’esistenza, ne aveva intaccato la scorza e marcato le differenze, ma non li aveva mai veramente divisi.
Un’unica radice, era quello il loro segreto, perché infondo anche tutti noi abbiamo un’unica radice, ma sono i confini che poi ci segnano la vita.

 

Quei confini che ci segnano la vita.
Quei confini che ci segnano la vita.

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