Dostoevskij e la pena di morte. Da:”L’idiota”

 

Uccidere chi ha ucciso è un delitto incomparabilmente più grande del delitto stesso. L’omicidio, ordinato da una sentenza, è molto più atroce che non l’omicidio del malfattore. Colui che viene assalito dai briganti e sgozzato di notte in un bosco o in qualsiasi altro modo, sino all’ultimo istante spera certamente di salvarsi. Ci sono esempi di persone che, con il coltello già piantato in gola, speravano ancora, o fuggivano o chiedevano pietà.
Ma nel caso della ghigliottina, questa estrema speranza, che rende la morte dieci volte più lieve, viene radicalmente soppressa; qui esiste una sentenza, esiste la certezza dell’impossibilità di sfuggirle, e questa certezza è di per se stessa un supplizio peggiore di qualsiasi altro.
Mettete un soldato di fronte alla bocca di un cannone in combattimento; nel momento in cui vi accingete a sparare, egli avrà ancora un filo di speranza, ma leggete a questo soldato la sentenza che lo condanna irrimediabilmente ed egli diventerà pazzo o scoppierà in pianto. Chi ha mai detto che la natura umana è in grado di sopportare una tale atrocità senza impazzire? Perché una simile crudeltà inutile, mostruosa e vana? Ma forse esiste anche un uomo al quale, dopo aver letto la sentenza di morte e dopo avergli lasciato un po di tempo per torturarsi in preda al terrore, si dica: «Vattene, sei graziato!». Ecco, quest’uomo potrebbe forse descrivere ciò che si prova (…)


L’Idiota – Dostoevskij

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Davanti alla legge. Franz Kafka (1914)

Davanti alla legge. Franz Kafka (1914)

Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire.

 

L’uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può da

rsi,» dice il guardiano, «ma adesso no». Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come sempre e il guardiano si scosta un po’, l’uomo si china per dare, dalla porta, un’occhiata nell’interno.

 

Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare

ad onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l’ultimo dei guardiani. All’ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.»

 

L’uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel su

o pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera all’uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso.

 

Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a lato della porta. Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran signori, e alla fine conclude semp

re dicendogli che non può consentirgli l’ingresso.

 

L’uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, però gli dice: «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.»

 

Durante tutti quegli anni l’uomo osserva il guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli appare l’unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che invecchia, limitandosi a borbottare tra sè.

Rimbambisce, e poiché, studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi idea.

 

Alla fine gli s’affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della legge

 

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Non gli rimane più molto da vivere. Prima della morte tutte le nozio

ni raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell’uomo.

 

«Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.» «Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l’uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all’infuori di me, ha chiesto di entrare?»

 

Il guardiano si accorge che l’uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l’ingresso. E adesso vado e la chiudo.»

 

Davanti alla legge. Franz Kafka (1914)
Davanti alla legge. Franz Kafka (1914)

 

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La società ideale. (Tratto dal tramonto del diritto penale di Luigi Molinari).1909

L’uomo libero non ha bisogno né di leggi né di autorità.L’organizzazione futura si baserà sul libero accordo di essere vincolati unicamente da un sentimento di reciproco rispetto per la dignità umana

Speciali simpatie, tendenze particolari ad un determinato esercizio riuniranno l’umanità in una infinita e mutevole agglomerazione di gruppi nei quali l’infimo sarà veramente uguale al più grande.

La politica e l’economia non esisteranno più,esse avranno ceduto il posto alla solidarietà umana. L’inventore saprà che al lavoro dell’umanità precedente egli deve gli studi che hanno facilitato e resa possibile la sua nuova invenzione,l’uomo di genio non insuperbirà di un dono della natura e userà del suo genio non per beneficare se stesso o per sciupare,ma per essere utile alla società umana intera

.L’amor proprio e la nobile ambizione saranno sprone più che sufficiente per spingere l’attività umana alle nuove lotte contro la natura,alle nuove conquiste scientifiche.Premio del lavoro sarà la soddisfazione interna della propria coscienza e la stima e l’amore dei compagni.

Ciò sarà quando le leggi che ci vincolano cadendo ai piedi dell’uomo,permetteranno di prendere la terra che da il pane a tutta l’umanità e di alzare liberamente il capo al cielo affinché l’uomo possa per davvero distinguersi dagli animali inferiori che la natura vuole proni al padrone.

(Luigi Molinari)

 

 

 

 

 

La società ideale. (Tratto dal tramonto del diritto penale di Luigi Molinari).1909
La società ideale. (Tratto dal tramonto del diritto penale di Luigi Molinari).1909
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Nessuno è “straniero” e nessuno è “clandestino”.

Nessuno è “straniero” e nessuno è “clandestino”.

 

Gli italiani hanno spesso idee differenti e contraddittorie,perfino opposte sugli “stranieri” che emigrando da lontani paesi sbarcano sullo stivale.Invece gli “immigrati” all’unisono,la pensano nel medesimo identico sui costumi,le abitudini e i modi di fare degli italiani.

Vivendo in modo comunitario in molti in una stessa abitazione hanno continue occasioni di confrontare le idee che si sono fatti dopo una giornata di lavoro in fabbrica o in un cantiere edile,oppure a vendere cianfrusaglie per la strada.Fino a un attimo prima di addormentarsi,come se fossero in assemblea permanente,parlano,commentano,si mettono al corrente di tutto,ironizzano o si compiacciono a seconda di quello che hanno visto o provato per esperienza diretta.Impariamo soprattutto da loro.

L’approdo

Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,Che lascia dietro di sè mari e tempeste,I cui sogni sono morti o mai nati,E siede a bere all’osteria di Brema,Presso al camino, ed ha buona pace.Felice l’uomo come una fiamma spenta,Felice l’uomo come sabbia d’estuario,Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,E riposa al margine del cammino.Non teme né spera né aspetta,Ma guarda fisso il sole che tramonta.

(Primo Levi)

 

Nessuno è "straniero" e nessuno è "clandestino".
Nessuno è “straniero” e nessuno è “clandestino”.

 

 

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