Antispecismo è antifascismo e antisessismo.

Una storia esemplare
Per cogliere nel presente la complessità e l’interconnessione tra specismo, sessismo e razzismo immaginiamo una situazione ipotetica esemplare (non così astratta e rara come si potrebbe credere). Una donna piccolo-borghese italiana con due figli ha al suo servizio una colf ucraina o filippina, moldava o peruviana, che ne cura la casa, in sua assenza anche la prole ed eventualmente si occupa pure degli anziani genitori della signora. L’opera della collaboratrice familiare, svolta in una condizione di quasi-segregazione e di dipendenza (poiché dalla signora dipende anche la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno), in cambio di una paga modesta rispetto al tempo e alla gravosità del lavoro, permette alla donna italiana di svolgere la sua professione e di ottenere così una certa emancipazione e autonomia economica. Poniamo che la signora sia sposata con un uomo che svolge un lavoro subalterno, stressante e insoddisfacente, ed è vessato da un datore di lavoro che gli rende la vita impossibile; che il marito la tradisca, la umili o la maltratti; che lei, per sfogare la rabbia e la frustrazione, di tanto in tanto si lasci andare a scoppi di collera nel corso dei quali maltratta la colf, i bambini e soprattutto il cane di casa. E mettiamo che la colf, che non ama gli animali e detesta quei bambini, nei momenti di stanchezza ed esasperazione, in assenza degli adulti di casa, urli contro i piccini e maltratti il cane.
Insomma, in questo caso immaginario – ma, ripeto, alquanto realistico – è rappresentata quasi l’intera gerarchia del dominio: le variabili di classe, di status, di genere, di generazione, ma anche di specie, si intersecano in forme ben più complesse di quel che ci farebbe pensare qualsiasi modello dicotomico (donne/uomini, borghesi/proletari, nativi/migranti…).
L’intreccio tra forme molteplici di dominio-subordinazione o semplicemente di esercizio del potere, anche solo reattivo, fa si che le stesse persone – che ne siano consapevoli o no – possano essere al tempo stesso privilegiate e penalizzate, oppresse e agenti di oppressione o solo maltrattate e agenti di maltrattamento.
Gli unici a non esercitare alcuna forma di potere e di maltrattamento sono i bambini e l’animale. Eppure, nel caso immaginario che ho illustrato, i bambini potrebbero rivalersi dei torti subiti maltrattando il cane; e il cane un giorno potrebbe reagire ai maltrattamenti di tutti azzannando i bambini. In tal caso i variamente dominanti si coalizerebbero contro il cane e lo sopprimerebbero……

Tratto da: La Bella, la Bestia e l’Umano – Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo di Annamaria Rivera.specism1

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L’albatro (Da: “I fiori del male”)

Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.

E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell’azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.

Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L’altro, arrancando, mima l’infermo che volava!

Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell’arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.

(Charles Baudelaire)111711342-90fa01f5-53e7-4e4b-989d-531f5dde8661baudelaire6

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Io ho riposto le mie brame nel nulla. (Max Stirner)

A chi non appartiene la causa ch’io debbo difendere? Essa è, innanzitutto, la causa buona in se stessa, poi la causa di Dio, della verità, della libertà, della giustizia; poi la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria; infine la causa dello spirito, e mille altre ancora. Soltanto, essa non dev’essere mai la mia causa! “Onta all’egoista che non pensa che a sé stesso!”

Vediamo un po’, più da vicino, che cosa pensino della propria causa coloro per gl’interessi dei quali noi dobbiamo lavorare, sacrificarci ed infervorarci.
Voi che così profondamente conoscete le cose che concernono Dio, ed avete investigato per millenni gli abissi e scrutato il cuore della divinità, certo saprete dirci in qual modo Egli stesso tratti la causa alla quale siamo chiamati a servire.

Non tentate di nasconderci il modo di condursi del Signore. Ebbene, qual’è la sua causa? Ha egli forse — come da noi si richiede — abbracciato una causa a lui estranea, ha egli fatta sua la causa della verità o dell’amore?

Voi vi sentite indignati in udir pronunciare un simile assurdo e ci sapete insegnare che quella di Dio è bensì la causa della verità e dell’amore, ma che essa non può esser detta a lui estranea, giacché Dio è per se stesso la verità e l’amore; e vi muove a sdegno il supporre che Dio possa assomigliarsi a noi poveri vermi col favorire la causa d’altri come se fosse la propria. “Dio dovrebbe occuparsi della causa della verità, se non fosse egli stesso la verità?”

Egli non pensa che alla propria causa, ma egli è il tutto nel tutto, e così la sua causa abbraccia tutto; noi non siamo il tutto nel tutto e la nostra causa è oltre modo meschina e spregevole, perciò noi dobbiamo servire ad “una causa più elevata”. — Ebbene, è chiaro che Dio non si occupa che delle cose sue, non pensa che a sé stesso e non vede che sé stesso; guai a tutto ciò che contrasta a’ suoi disegni.

Egli non serve ad uno più alto di lui e non cerca di soddisfare che sé stesso. La sua è una causa prettamente egoistica.
Osserviamo un po’ la causa dell’ umanità che si vorrebbe facessimo nostra.

E forse quella d’alcuno a lei estraneo; l’umanità serve forse ad una causa superiore? No, l’umanità non vede che se stessa, essa non è ad altro intenta che a favorire se medesima, né ha, all’infuori della propria, causa alcuna. Nell’intento di svilupparsi, essa fa che popoli ed individui si logorino, ed allorquando questi hanno compiuto il loro ufficio, essa per tutta riconoscenza li getta nel letamaio della storia. Non è forse la causa dell’umanità una causa prettamente egoistica?

Non ho bisogno di dimostrare a coloro che ci vorrebbero imporre la propria causa, che col far ciò essi si dimostrano teneri della lor salute, non già della nostra. Osservate gli altri. Forse che la Verità, la Libertà, l’Umanità richiedono da voi altre cose se non che v’infervoriate per loro e serviate a’ lor fini ?
In ciò essi trovano tutto il lor vantaggio.

Osservate un po’ il popolo tutelato dai patrioti a tutta prova. I patrioti cadono nelle battaglie cruente e nella lotta colla fame e colla miseria; forse che il popolo si commuove perciò? Grazie al concime dei loro cadaveri esso diviene un popolo fiorente! Gli individui son morti per “la grande causa del popolo” che paga il suo debito con alcune parole di ringraziamento, e ne trae tutto il profitto che può. Ecco un egoismo che frutta!

Ma osservate un po’ quel sultano, che provvede con tanto affetto ai “suoi”. Non è egli forse l’immagine più schietta del disinteresse? non sacrifica egli forse incessantemente sé stesso a bene dei suoi? Si, proprio dei suoi! Prova un po’ a fargli capire che non sei suo bensì tuo: in premio dell’esserti sottratto al suo egoismo, tu sarai gettato in una carcere.

Il sultano non conosce altra causa che la propria: egli è per sé il tutto nel tutto, è l’unico, e non consente ad alcuno di non essere dei “suoi”.
E da tutti questi esempi illustri non volete apprendere che il miglior partito è quello dell’egoista? Io per mio conto faccio tesoro di queste lezioni e piuttosto che servire disinteressatamente a quei grandi egoisti, voglio essere l’egoista io stesso.

Dio e l’umanità non hanno risposto la loro causa che in sé stessi. Perciò voglio riporre anch’io in me stesso la mia causa, io, che, al pari di Dio, sono nulla per ogni altra cosa, e per me sono il mio tutto, l’unico.
Se Dio e l’umanità son ricchi abbastanza per esser tutto a sé stessi, io sento che a me manca ancor meno e che non potrò lagnarmi della mia “vanità”. Io non sono già il nulla del vacuo, bensì il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso creo ogni cosa.

Lungi dunque da me ogni causa, che non sia propriamente e interamente la mia! Voi pensate che la mia causa debba essere per lo meno la “buona causa”? Ma che buono, ma che cattivo ! Io sono per me stesso la mia causa, ed io non sono né buono né cattivo.

Tutto ciò per me non ha senso alcuno.
Il divino è cosa di Dio, l’umano dell’ “uomo”.

La mia causa non è divina né umana, non è la verità, non è la bontà, né la giustizia, né la libertà, bensì unicamente ciò che è mio; e non è una causa universale, bensì unica, come unico sono io.
Nessuna cosa mi sta a cuore più di me stesso.
Max Stirner

 

Max Stirner
Max Stirner
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