Il diritto coloniale del vestito firmato…

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Dopo più di un secolo quando sterminati dal generale militare e presidente argentino Julio Argentino Roca (nel 1878, durante la tristemente poco famosa Campaña del Desierto, con cui il dittatore Roca ordinò lo sterminio di tutte le popolazioni indigene della Patagonia, per sfruttarne i territori), i Mapuche sopravvissuti ora si trovano a far fronte al nuovo colonialismo economico, che li ha cacciati dalle proprie terre, perché ricchissime di materie prime essenziali per le produzioni delle multinazionali come Benetton (ma non solo, alcuni nomi di violentatori dei diritti Mapuche: Levi Strauss & Co., Grupo Loma Negra, Ted Turner, Emanuel Ginóbili, López Rey, etc). Milioni di ettari sottratti con la forza ai contadini della Patagonia per calare un “esercito” di centinaia di migliaia di pecore sfruttate per la loro lana e poi quando “inservibili” vendute ai colossi della carne, ma anche per estrarre oro e petrolio. “Ci hanno sfrattati dalla nostra casa a Leleque con l’uso della forza fisica, confiscandoci tutti i beni e distruggendo poi la casa con il fuoco, dicendoci che loro non facevano altro che difendere i diritti dei nuovi proprietari, coloro che avevano comprato 900mila ettari di territorio, invadendo le nostre terre” racconta Curiñanco, attivista per la liberazione della Patagonia. Ma queste terre ovviamente non appartengono ai benetton di turno né tantomeno alla compagnia inglese Argentine Southern o alle altre multinazionali che stanno depredando con ogni mezzo questi territori, ma sono patrimonio dell’umanità e terra da sempre abitata dal popolo Mapuche. Lo stesso Ruben (uno dei tanti attivisti che entrò tagliando le recinzioni nell’impero benetton fondato sull’espropriazione violenta delle terre Mapuche, affermò nel 2010: “ci offrirono addirittura delle azioni individuali sulle nostre terre, vollero comprarci, dividerci, accettarle avrebbe implicato ulteriori imposizioni fiscali e moltissime restrizioni, ma resistemmo al dio del denaro. Senza contare con il fatto che le forme individuali del concetto di proprietà vanno contro la nostra filosofia di vita, che è essenzialmente comunitaria”.
E da noi? nel nostro meraviglioso mondo ? luccicano i cartelloni pubblicitari dove bambini sorridenti di tutti i colori si abbracciano, ma in quel sorriso non vi è innocenza (inconsapevole dei bimbi utilizzati anche loro per denaro) ma il simbolo stesso dell’inganno, una maschera dietro la quale ci sono i popoli Mapuche dell’argentina, sfrattati, bastonati.
Per una solidarietà senza frontiere, per smascherare le solite note che manipolano e insabbiano i loro sporchi interessi, contro il silenzio dell’informazione che agisce a braccetto con i devastatori dell’ecosistema, a favore incondizionato della lotta dei popoli Mapuche, ricordiamo sempre i nostri fratelli Jaime Saravia, Patricia Troncoso, Juan Milla, Héctor Carrilanca, José Huenchunao, Lonco Llanquileo e Waikilaf Calfunao combattenti per la libertà.
Olmo
Nella foto funerali mapuche

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Togliete i bambini dagli orfanotrofi invece che..

Negli ultimi giorni si è discusso molto della questione “utero in affitto“, notizia alimentata anche grazie all’ex politico pugliese Nichi Vendola e dal suo compagno, volati in California per “ritirare il bambino” nato appunto grazie ad una donna che si è prestata, in cambio di una generosa ricompensa, a realizzare il sogno della coppia.

Qualcuno è favorevole a ciò, ma attenzione, non bisogna prendere le distanze dal fattore “umano”, non si tratta di limitare la libertà altrui, ma una questione di rispetto verso la donna e il normale ciclo della natura. “L’utero in affitto” permette ai “ricchi” (perché i costi si aggirano dai 140.000€ ai 170.000€) di comprare la “vita” grazie ad una donna che si presta, “come accade per le uova negli allevamenti”, da incubatrice.

I soldi non possono comprare tutto, tanto meno la vita, riflettiamo, se non era per la generosa somma chi si farebbe usare così? Il legame madre/figlio inizia ancor prima del parto.

Come detto prima non vogliamo limitare le libertà di nessuno, appunto per questo crediamo che la soluzione migliore, più onesta è giusta verso questo mondo, sia regalare una vita migliore ai tanti bambini cresciuti negli orfanotrofi, o comunque bambini che di una famiglia ne hanno davvero bisogno. L’utero in affitto altro non è che un gesto egoista, quando al mondo ci sono tantissimi bambini che desiderano amore e il calore di una famiglia.

Fonte: La verità di Ninco Nanco

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Quando la legge Mammì uccise le radio libere.

Se ci fossero ancora le radio libere, quelle che la legge Mammì ha volutamente ucciso, quelle degli anni ’70 – inizi ’80, io consiglierei a tutti i giovani di frequentarle, di viverle come abbiamo fatto noi, dietro un microfono e un mixer, con tanta voglia di comunicare non soltanto via etere, ma pure in viva persona, con le compagnie che si creavano, dentro e fuori la radio, con la scusa della radio, e si usciva insieme che c’era sempre quello o quella conosciuta da poco grazie alla sua telefonata in radio: ‘che, senti, posso passare alla radio che così vi conosco di persona’? Perché le radio libere sono state importantissime non soltanto per la capillarità dei messaggi così diversificati specifici del luogo, messaggi non omologati, vivi, umani, e non soltanto per i contenuti che si trasmettevano, ma anche perché allora vivere la società significava passare da lì, stare anche soltanto a vedere come funzionava, fino a diventare uno speaker, perché no, senza per questo dover avere per forza una laurea o una specializzazione, bastava una voce discreta, che tanto le idee e la fantasia c’erano sempre, e quello contava! Niente, poi la legge Mammì mise fine a un mondo straordinario che forse sarebbe morto comunque sotto il peso dell’edonismo reaganiano che avanzava a grandi passi e che portava i giovani ai tum tum ridondanti delle discoteche, ma morire anzitempo per progetto omicida di stato, proprio no, quella è stata una vigliaccata criminale! Chi è rimasto? Sono rimaste le radio che hanno accettato il ricatto, riunitesi poi in grandi network, tutte affiliate al potere, per legge, e senza più umanità, senza più quel calore. Forse dovremmo ricominciare da quella stagione, ricominciare come nel 1975, cioè in clandestinità, perché ormai, qui, tutto ciò che è libero e vivo è stato ucciso o severamente vietato! Riapriamo le radio libere clandestine! Vita vera, altro che feisbuc!

Cloud’s WaldenImpastato

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Nessun suono, nessuna voce

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Crescere e vivere in una società violenta talmente squilibrata che le ricchezze si moltiplicano con la stessa velocità delle povertà che precipitano, dove il concetto di giustizia è misurato sui vestiti di seta e cashmere, dove la tenaglia dei suoi esecutori raggiunge profondità di tale iniquità che risulta naturale mantenere istituzioni repressive per perpetuare all’infinito la persecuzione e il martirio di vittime innocenti nel nome di aberrazioni ambientali. Crescere e vivere in luoghi dove regna la carità religiosa, il romanticismo da soap opera, l’abnegazione del salario da fame, l’egoismo della proprietà privata, la difesa dell’ordine costituito, la trasformazione del suolo in cimitero a cielo aperto. Crescere e vivere chiusi fra quattro mura di cemento armato dipinto dalla chimica da laboratorio, stritolati da una educazione obbediente misurata in codici scolastici, indottrinati da una morale dove l’ego acquista punti a discapito del silenzio. Crescere e vivere soffocati da eserciti di articoli ricoperti di plastica, emanciparsi in strade percorse da fumi di monossido, timorosi di uscire dai binari arruginiti inchiodati sulle nostre schiene, sdraiarsi sul ciglio dell’orizzonte senza mai attraversarlo. Crescere e vivere sordi ai lamenti incessanti che lacerano le pareti di lager, sorridere ai liquami che avanzano fino a cingerci le narici, scendere in gola e credere che siano digeribili, abituarsi alla sovranità di coloro che siedono sui nostri corpi. Questo non è crescere, non è vivere, esseri viventi trasformati in prodotti da masticare e sputare, masticare e sputare. Mi chiamano nemico del sistema, traditore della morale, fabbricante di falsità e sogni irrealizzabili, ma sono solo una foglia seccata al sole da un’estate malata, un torrente prosciugato da dighe puzzolenti e marce, un’albero troncato da catene astute, una talpa agonizzante da ruspe ripiene di fango, un lago ricoperto di immondizia. Non temete il mio urlo non si sentirà, travolto e mascherato dalle sirene del progresso…
Olmo

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Scenari posssibili.

Manca oramai poco al referendum del‭ ‬17‭ ‬Aprile sulle trivellazioni in mare ed è giusto cercare di chiarire alcuni punti,‭ ‬inerenti al voto,‭ ‬al qualunquismo e ai rapporti di forza.‭ ‬Iniziamo proprio parlando del referendum,‭ ‬cercando di capire concretamente su cosa si andrà a votare.‭ ‬Viste le pubblicazioni sulla Gazzetta Ufficiale e le convocazioni dei consigli affisse dai comuni in tutta Italia,‭ ‬veniamo a sapere che il quesito referendario è soltanto uno,‭ ‬estremamente preciso.‭ ‬Eccolo:‭
«Volete voi che sia abrogato l’art.‭ ‬6,‭ ‬comma‭ ‬17,‭ ‬terzo periodo,‭ ‬del decreto legislativo‭ ‬3‭ ‬aprile‭ ‬2006,‭ ‬n.‭ ‬152,‭ “‬Norme in materia ambientale‭”‬,‭ ‬come sostituito dal comma‭ ‬239‭ ‬dell’art.‭ ‬1‭ ‬della legge‭ ‬28‭ ‬dicembre‭ ‬2015,‭ ‬n.‭ ‬208‭ “‬Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato‭ (‬legge di stabilità‭ ‬2016‭)”‬,‭ ‬limitatamente alle seguenti parole:‭ “‬per la durata di vita utile del giacimento,‭ ‬nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale‭”?»
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L’articolo‭ ‬239‭ ‬della legge di stabilità così recita:‭
‬All’articolo‭ ‬6,‭ ‬comma‭ ‬17,‭ ‬del decreto legislativo‭ ‬3‭ ‬aprile‭ ‬2006,‭ ‬n.‭ ‬152,‭ ‬il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dai seguenti:‭ «‬Il divieto e‭’ ‬altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette.‭ ‬I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento,‭ ‬nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale.‭ ‬Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente,‭ ‬nonchè le operazioni finali di ripristino ambientale‭»‬.‭
‬Di questo articolo quindi,‭ ‬l’unica frase da modificare é:‭ “‬per la durata di vita utile del giacimento,‭ ‬nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale‭”‬.‭
‬Basterebbe questo per chiarire in maniera cristallina una cosa:‭ ‬Il referendum non riguarda le‭ ‬12‭ ‬miglia,‭ ‬non riguarda le nuove concessioni,‭ ‬non riguarda la possibilità di ricercare altri giacimenti.‭ ‬Il referendum non ha nulla a che vedere con le isole Tremiti,‭ ‬tirate in ballo come pietra dello scandalo,‭ ‬come patrimonio naturale inestimabile da proteggere e tutelare.‭ 
‬Il referendum riguarda solo la possibilità di non rinnovare le concessioni già esistenti alla loro scadenza.‭
‬La presa in giro parrebbe già piuttosto evidente,‭ ‬ma poniamo che il quesito rappresenti davvero un modo per tutelare il territorio e vediamo di delineare gli scenari possibili,‭ ‬dando per scontato il raggiungimento del quorum,‭ ‬che di per sé non è cosa così semplice.‭
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Scenario‭ ‬1:‭ ‬vince il no.‭ ‬

I comitati No Triv accetteranno la sconfitta,‭ ‬dato che si è trattato di una libera scelta degli elettori‭; ‬probabilmente verranno sollevate questioni inerenti le tempistiche strette,‭ ‬la poca attenzione mediatica ricevuta e via discorrendo,‭ ‬ma il verdetto delle urne verrà accettato.‭ ‬La battaglia è quindi persa.‭
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Scenario‭ ‬2:‭ ‬vince il no.‭

I comitati e gli attivisti non accettano il verdetto delle urne,‭ ‬la posta in palio è troppo importante.‭ ‬Ognuno sui territori ed a livello nazionale continuerà a lottare e ad opporsi alle trivellazioni,‭ ‬portando avanti le lotte nei modi e nei termini che più riterrà appropriati.‭ ‬Ma in questo caso,‭ ‬perché andare a votare se poi il risultato viene rigettato‭? ‬Questo scenario mostra l’inutilità dell’istituto referendario.‭
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Scenario‭ ‬3:‭ ‬vince il si.‭ ‬

Si farà a gara per sbandierare la vittoria,‭ ‬ma intanto il governo farà valere il fatto che il quesito riguardava solo le concessioni in essere e,‭ ‬se vorrà,‭ ‬andrà avanti a concedere licenze,‭ ‬previa valutazione impatto ambientale e valutazione costi/benefici‭ (‬stante l’attuale situazione economica del mercato petrolifero,‭ ‬solo degli sprovveduti spenderebbero soldi per trivellare quando il prezzo del greggio non copre nemmeno i costi di estrazione‭)‬.‭ ‬Anche in questa simulazione vediamo come il referendum,‭ ‬così concepito non serve a nulla.‭

Scenario‭ ‬4:‭ ‬vince il si.‭

‬E vince in maniera talmente schiacciante da chiamare una mobilitazione generale che estenda il divieto di trivellare su tutto il territorio nazionale,‭ ‬non solo in mare.‭ ‬La tutela e la salvaguardia dell’ambiente sopra a tutto quindi,‭ ‬niente più trivelle in Italia.‭ ‬Vorrà dire che si cercherà di implementare la nostra presenza in Nigeria,‭ ‬che la manodopera costa pure meno.‭ ‬O altrimenti,‭ ‬se ci comporteremo bene in Libia,‭ ‬fornendo appoggi militari,‭ ‬truppe,‭ ‬basi,‭ ‬MUOS,‭ ‬magari ci scappa qualche nuova concessione all’ENI,‭ ‬ché in fondo abbiamo ancora dei diritti coloniali sui nordafricani.‭ ‬In questo caso si tratta di fantapolitica,‭ ‬uno scenario altamente improbabile ma che dimostrerebbe che la filosofia NIMBY possa essere utilizzata anche a livello nazionale,‭ ‬scaricando costi e disastri su altri paesi.‭ 

‬Detto del referendum,‭ ‬mi piaceva delineare le questioni del qualunquismo e dei rapporti di forza,‭ ‬a grandissime linee.‭ ‬L’astensione,‭ ‬soprattutto quella referendaria su questioni tanto delicate,‭ ‬attira accuse di menefreghismo,‭ ‬di fungere da stampella per i famigerati poteri forti.‭ ‬Certo,‭ ‬la stragrande maggioranza delle persone che non votano lo fanno per disincanto,‭ ‬perché non cambia nulla,‭ ‬perché non trovano differenze sostanziali tra gli schieramenti e così via.‭ ‬C’è una letteratura sterminata sull’argomento,‭ ‬fatta da persone tutte più competenti di me,‭ ‬non sto a tornarci sopra.‭ ‬D’altro canto però c’è da considerare la passività del voto,‭ ‬inteso come atto meccanico dovuto perché conquistato dai nostri nonni durante la resistenza‭ (‬en passant,‭ ‬i poveri partigiani ormai vengono tirati per la giacchetta da talmente tante persone che se fossero ancora in grado di combattere probabilmente tornerebbero in montagna per disperazione‭)‬.‭ ‬Questa passività esplode letteralmente quando si parla di referendum.‭ ‬Mi spiego attraverso degli esempi:‭ ‬i referendum sull’acqua pubblica,‭ ‬sulla caccia,‭ ‬sul finanziamento ai partiti,‭ ‬sono stati tutti vinti,‭ ‬tutti erano contenti del fatto che esercitando un diritto costituzionale si erano risolti dei problemi.‭ ‬Poi ovviamente nessuno di questi referendum è stato rispettato:‭ ‬l’acqua si sta privatizzando,‭ ‬la caccia non è normata come dovrebbe,‭ ‬i soldi ai partiti ora si chiamano rimborsi elettorali.‭ ‬Quindi,‭ ‬se il voto del referendum fosse stato realmente cosciente e compreso a fondo,‭ ‬avrebbe fatto si che quelle massa critica di persone avrebbe letteralmente massacrato il ceto politico,‭ ‬dato che la volontà popolare sancita dalla costituzione‭ (‬voluta sempre dai nonni di cui sopra‭) ‬non è stata rispettata.‭ ‬Invece niente,‭ ‬si borbotta un po‭’‬,‭ ‬ma nulla,‭ ‬perché il climax della partecipazione è racchiuso solo e soltanto nei‭ ‬10‭ ‬secondi in cui si sta nel seggio elettorale.‭ ‬Poi ci penserà qualcun altro.‭ ‬Questa massa amorfa di persone passa dal voto al non voto con lo stesso identico disinteresse,‭ ‬perché quando vota confida che gli eletti facciano qualcosa per loro e se non lo fanno pazienza,‭ ‬non voto più,‭ ‬tanto non cambia nulla.‭ ‬Il qualunquismo sta qui,‭ ‬non nel non voto.‭ ‬E smettiamola di considerare i referendum atti di democrazia diretta:‭ ‬non ci potrà mai essere democrazia diretta all’interno di un sistema basato sulle rappresentanze,‭ ‬è una contraddizione in termini,‭ ‬sono due sistemi sociali opposti tra di loro,‭ ‬cari cittadini del movimento‭ ‬5‭ ‬stelle‭!
‬Ci si dirà:‭ ‬allora se non si vota bisogna fare le lotte.‭ ‬La risposta è si.‭ ‬E qui io come molti altri dovremmo fare pubblica ammenda,‭ ‬pubblica ammissione di debolezza.‭ ‬Ci si potrà dire che non viene fatto abbastanza ed è vero.‭ ‬Ma le forze nostre sono limitate,‭ ‬se si disperdono le energie in mille rivoli finisce che viene fatta pura e semplice testimonianza,‭ ‬totalmente infruttuosa.‭ ‬Perfino in Valsusa stanno aprendo una montagna per ampliare un valico autostradale‭ (‬il raddoppio del traforo del Frejus‭) ‬e i No Tav non hanno mosso un dito,‭ ‬o poco hanno lottato,‭ ‬ma non perchè non siano interessati alla questione,‭ ‬ma proprio perché,‭ ‬lottando già a tempo pieno per l’alta velocità,‭ ‬a seguire un’altra battaglia così importante rischiano di non farcela e di perdere su tutti i settori.‭ ‬Lo stato questo lo sa,‭ ‬lo ha capito e percorre la via di minore resistenza.‭ ‬Il discorso sui rapporti di forze porterebbe troppo lontano,‭ ‬quindi mi fermo qui.‭

‬Per questo io personalmente il‭ ‬17‭ ‬Aprile non voterò,‭ ‬ma rispetterò comunque la libertà di coscienza di chi in buona fede deciderà di votare si al quesito‭; ‬a patto però che sia un voto consapevole di ciò che viene realmente chiesto e di quali siano in effetti le conseguenze a livello pratico.‭ ‬Senza scordare che le lotte per le speculazioni,‭ ‬per la tutela ambientale e per la possibilità di pensare modelli sociali alternativi andranno sostenuti quando partono dal basso e si sviluppano sui territori,‭ ‬non perdendo mai di vista il fine ultimo della creazione di una società di liberi ed uguali,‭ ‬per quanto utopica e distante questa possa apparire.

Luca Phi Da: Umanità Novath

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I salvatori dell’ambiente

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Il voto è il principale strumento di controllo sociale, allineato ad altri strumenti compresi quelli coercitivi rientra fra i sottoprodotti di una società in cui il potere è a un tempo, politico ed economico, in cui si puo’ essere solo produttori e consumatori, in cui la liberta’ di scegliere e regolarsi da sé si riduce semplicemente a una continua delega. E gli eletti, di qualunque colore e programma si presentino, in quanto detentori di un potere che dipende strettamente da altri poteri, non potranno mai fare gli interessi di chi dal potere è escluso. E non e’ una disfunzione e nemmeno una deriva verso il totalitarismo ma è l’essenza stessa della democrazia. La scelta di dove porre la crocetta sulla scheda o su qualsiasi pezzo di carta, quando e solo quando si è chiamati a farlo, si sostituisce alla possibilità di pensiero e di autodeterminazione. E attenzione anche a quando si parla di democrazia partecipativa o “diretta”, tipo i referendum per intenderci, quì il fraintendimento e’ duplice. La democrazia partecipativa è democrazia a tutti gli effetti, e come tale, ha bisogno di esclusi, fossero anche i “non cittadini”, (migranti, senza fissa dimora, detenuti) individui sacrificabili sull’altare dell’interesse generale, cioè della maggioranza che impone le decisioni su una moltitudine non in accordo. In alcuni casi, il potere si fa meno visibile (ma non per questo meno spietato) concedendo ai cittadini, che così si credono partecipi, di esprimere opinioni, peraltro soltanto con valenza consultiva; sulla gestione della “cosa pubblica”. Naturalmente i suddetti ambiti potranno riguardare aspetti diciamo secondari, come la gestione di uno specifico territtorio, ma mai le grandi questioni sociali, non trivelliamo lì ma devastiamo là. In parole povere il sistema ci ha donato la delega per farci credere liberi e utili quando in realtà ci ha trasformato in servi volontari e felici che corrono gridando: W la delega ! che bello essere funzionali.
Olmo

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