La locomotiva

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Carrara una discarica a cielo aperto.

https://www.facebook.com/lafiaccoladellanarchiallanarchia Facebook Twitter Stampa Nel gennaio del 1920 sulle colonne del giornale “Il Cavatore”,l’avvocato socialista Vico Fiaschi lanciava il grido “Le cave ai cavatori”,rivendicando il possesso e l’utlizzo degli agri marmiferi da parte dei lavoratori e contestando le usurpazioni e le concessioni dei cosiddetti baroni del marmo che si erano arricchiti sfruttando il duro lavoro…

Nel gennaio del 1920 sulle colonne del giornale “Il Cavatore”,l’avvocato socialista Vico Fiaschi lanciava il grido “Le cave ai cavatori”,rivendicando il possesso e l’utlizzo degli agri marmiferi da parte dei lavoratori e contestando le usurpazioni e le concessioni dei cosiddetti baroni del marmo che si erano arricchiti sfruttando il duro lavoro dei lavoratori. All’epoca,gli occupati nella escavazione,lavorazione e trasporto del marmo nel comprensorio carrarese ammontavano a circa 12.000 unità.
Oggi la situazione é radicalmente cambiata. I baroni del marmo ci sono ancora,anche se,nella maggior parte dei casi,sono rappresentati da grandi multinazionali,il cui enorme potere é direttamente proporzionale alla loro “impersonalità” ma gli addetti all’escavazione,lavorazione e trasporto marmo,si sono ridotti a non più di 600 unità.
Le macchine hanno da tempo rimpiazzato gli uomini. La produzione é aumentata in maniera vertiginosa. I profitti,sempre più per pochi e sempre più elevati. I pericoli per chi lavora,sempre presenti. La “comunità” carrarese non dipende e non vive più,come un secolo fa,da e su il marmo. In compenso,i disagi e le nocività derivanti da tale attività sono giunti a livelli di guardia. Il trasporto su gomma dei blocchi e dei detriti,che ha da tempo soppiantato quello precedente su rotaia ha congestionato e inquinato le strade di Carrara e dintorni. La distruzione delle montagne é progredita in maniera esponenziale,mentre i paesi a monte e la stessa città si stanno gradualmente spopolando.Carrara non è più la patria del marmo,nel senso che tale affermazione poteva avere economicamente e socialmente,agli inizi del 900. Oggi, é gestita e controllata da pochi e “impersonali” padroni,e abitata da un migliaio di novelli schiavi,da decine di migliaia di disoccupati e da altrettanti precari,impiegati,addetti a servizi improduttivi,dipendenti part-time,lavoratori stagionali,giornalieri in nero,ecc. Quindi,alla luce di quanto sopra possiamo dire che Carrara non è la patria del marmo ma è una discarica a cielo aperto!
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