Il gelo della comprensione

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Camminando in direzione del valico dalla roccia nera, mi concentro sui miei passi. Il rumore di foglie gelate da allo spazio circostante un rumore secco, disidratato. Il vento e’ ormai cessato da alcuni giorni e il passaggio tra le rocce e’ immerso nella nebbia del mattino. Le scarpe tradite dal tempo sembra non vogliano più scaldare, i lacci logori abbandonano la loro stretta sfiniti dai molteplici nodi a cui sono stati costretti nel caldo di giugno, compagni di strada in salite ormai sfibrate dal gelo di gennaio. Mi fermo, raccolgo ancora un pò di respiro e mi infilo nell’ultimo tratto stretto, spigoloso, sentiero dimenticato dal sole e utilizzato dal camoscio. La vista e’ preclusa al mio incedere pesante, incerto, poi nel momento esatto in cui stringo la roccia a punta per scavalcare scorgo tra la foschia un’ombra alla mia destra,rapida, silenziosa, effimera. la nebbia si alza con un leggero vortice quasi ad aprire le braccia per lasciar passare la natura stessa, e’ un attimo. Passano alcuni minuti e sento in lontananza un’ululato strappato al gelo dei miei pensieri, il linguaggio perfetto di colui che e’ stato massacrato per secoli. Mi siedo, chiudo gli occhi, ascolto, due, tre minuti e ancora si eleva un’altro urlo alla montagna, alla sua solitudine, alla ricerca della vita. Penso a lui, alla fatica della sopravvivenza, alla forza dei suoi muscoli, alla dignità del suo incedere e io, piccolo uomo in balia degli eventi. Cammino ancora per alcune ore e poi torno verso casa, per un attimo mi sembra di sentire qualcosa, un grido di libertà, ma e’ solo un palpito. Chissà forse era un cane, un libero solitario che correva di fianco a me accompagnandomi, facendomi coraggio o forse e’ stato solo un sogno. Attraverso l’ultimo tratto di bosco, la discesa e’ ripida, costante, scivolosa, ancora pochi passi e intravedo la piccola strada, mi chino ad allacciarmi le scarpe e il mio sguardo si posa su alcune impronte, affusolate, profonde, nascoste. Ormai, mi dico nel profondo del mio cuore, non c’e’ più dubbio, il lampo mi attraversa la mente, so finalmente cosa dire a chi incontrerò: stamattina ho visto il mio cane ! e’ lui che avete scambiato per un lupo, non vi preoccupate queste montagne non hanno il feroce predatore che volete annientare, era solo il mio cane, potete smettere di braccarlo…
Olmo

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