Lettera di Èmile Henry al direttore della Conciergerie

 

27 febbraio 1894

Signor Direttore

emile-henry
27 febbraio 1894 Signor Direttore. Durante la visita che mi avete fatto nella mia cella domenica 18 corrente, avete avuto con me una discussione, del tutto amichevole sulle idee anarchiche.

Siete stato molto stupito, mi avete detto di conoscere le nostre teorie sotto un aspetto nuovo per voi, e mi avete chiesto di riassumervi per iscritto la nostra conversazione, per conoscere bene ciò che vogliono i nostri compagni anarchici.

[…]

Su quali basi poggia la società borghese? Fatta astrazione dai principi di famiglia, patria e religione, che non sono altro che dei corollari, possiamo affermare che le due pietre di volta, i due principi fondamentali dello stato attuale sono l’autorità e la proprietà.

Tutti i mali di cui soffriamo derivano dalla proprietà e dall’autorità.

La miseria, il furto, il crimine, la prostituzione, le guerre, le rivoluzioni, non sono altro che risultanti di questi due principi.

Dunque, essendo cattive le due basi della società, non c’è da esitare. Non bisogna sperimentare un mucchio di palleativi (cioè il socialismo) che servono solo a spostare il male; bisogna distruggere i due germi viziati ed estirparli dalla vita sociale.

Per questo noi anarchici vogliamo sostituire alla proprietà individuale il Comunismo, e la libertà all’autorità.

Quindi, niente più titoli di possesso, né titoli di dominazione: eguaglianza assoluta.

Quando noi diciamo eguaglianza assoluta non pretendiamo che tutti uomini avranno una stessa mente, una stessa organizzazione fisica, sappiamo molto bene che ci sarà sempre la più grande diversità fra le attitudini cerebrali e corporali. Ed è proprio questa varietà di capacità che realizzerà la produzione di tutto ciò che è necessario all’umanità, e su di essa noi contiamo per mantenere l’emulazione in una società anarchica.

Ci saranno ingegneri e sterratori, questo è evidente, ma senza che uno abbia la minima superiorità sull’altro; poiché il lavoro dell’ingegnere non servirebbe a niente senza il concorso dello sterratore, e viceversa.

Dal momento che ciascuno sarà libero di scegliere il mestiere che vorrà esercitare ci saranno solo esseri obbedienti, senza costrizione, alle tendenze che la natura ha posto in loro (garanzia di buona produzione).

Qui si pone un problema. E i pigri? Ognuno vorrà lavorare? Noi rispondiamo: si, ognuno vorrà lavorare, ed ecco il perché.

Oggi la media della giornata lavorativa è di 10 ore.

Molti operai sono occupati con lavori assolutamente inutili alla società, in particolare agli armamenti militari di terra e di mare. Altri ancora sono colpiti dalla disoccupazione. Aggiungete a ciò che un considerevole numero di uomini validi non producono niente: soldati, preti, poliziotti, magistrati, funzionari, ecc. Si può dunque affermare, senza essere tacciati di esagerazione, che su 100 individui capaci di produrre un lavoro qualunque, solo 50 forniscono uno sforzo veramente utile alla società. Sono quei cinquanta che producono tutta la ricchezza sociale.

Da qui la deduzione che se tutti lavorassero, la giornata lavorativa, invece di essere di 10 ore, scenderebbe a 5 ore soltanto.

Consideriamo inoltre che, allo stato attuale, il totale dei prodotti manufatturati e quattro volte più considerevole e il totale dei prodotti agricoli è tre volte più considerevole della quantità necessaria ai bisogni dell’umanità; vale a dire che una umanità tre volte più numerosa sarebbe vestita, alloggiata, riscaldata, nutrita, in una parola avrebbe la soddisfazione di tutti i suoi bisogni, se lo spreco ed altre molteplici cause non distruggessero questa sovrapproduzione.

Da quanto precede, possiamo trarre la seguente conclusione: una società in cui ognuno collaborasse al lavoro comune, ce che si contentasse di una produzione che non superi enormemente il suo consumo (dovendo l’eccesso della prima sul secondo costituire una piccola riserva) dovrebbe chiedere a ciascuno dei suoi membri validi solo uno sforzo di due o tre ore, forse anche meno.

A quel punto, chi si rifiuterebbe di prestare una quantità di lavoro cosi piccola? Chi vorrebbe vivere con questa vergogna di essere disprezzato da tutti e considerato un parassita?

(…) L’autorità e la proprietà marciano sempre insieme, si sostengono l’un l’altra, per tenere schiava l’umanità!

Che cos’è il diritto di proprietà? È un diritto naturale? No, la Natura, creandoci, ci fece con degli organismi simili, e uno stomaco di manovale esige le stesse soddisfazioni di uno stomaco di finanziere.

E tuttavia, oggi, una classe si è accaparrata tutto, rubando all’altra classe non solo il pane del corpo, ma anche il pane dello spirito.

Si, in un secolo che chiamano di progresso e di scienza, non è doloroso pensare che milioni di intelligenze, avide di sapere si trovano nell’impossibilità di sbocciare? Che i figli del popolo. che sarebbero potuti diventare uomini di alto valore, utili all’umanità, non sapranno mai altro che alcune nozioni indispensabili che inculca loro la scuola primaria!

La proprietà, ecco il nemico della felicità umana, poichè essa crea l’ineguaglianza e di conseguenza l’odio, l’invidia, la rivolta sanguinosa.

L’autorità non è che la sanzione della proprietà. Essa inette la forza al servizio della spogliazione.

Ebbene! Poiché il lavoro è un bisogno naturale, converrete con me, Signore, che nessuno si sottrarrà alla richiesta di uno sforzo minimo come quello di cui abbiamo parlato sopra.

Vedete bene, Signore che non sarà necessario ricorrere ad alcuna legge per evitare i parassiti.

Se, per un caso straordinario, qualcuno volesse tuttavia rifiutare di aiutare i suoi fratelli, sarebbe sempre meno costoso nutrire questo disgraziato, che non può essere che un malato, che mantenere legislatori, magistrati, poliziotti e guardiaciurme per domarlo.

Molti altri problemi si pongono, ma essi sono di ordine secondario; l’importante era di stabilire che la soppressione della proprietà, l’espropriazione, non porterebbe ad un arresto della produzione in seguito allo sviluppo della pigrizia, e che la società anarchica saprebbe nutrirsi e soddisfare tutti i suoi bisogni.

Tutte le altre obiezioni che si potrebbero sollevare saranno facilmente confutate ispirandosi all’idea che un ambiente anarchico svilupperà in ciascuno dei suoi membri la solidarietà e l’amore per i suoi simili, poiché l’uomo saprà che, lavorando per gli altri, lavorerà allo stesso tempo per sé.

Un’obiezione che “apparentemente sembra più fondata è questa: se non esiste più alcuna autorità, se non c’è più la paura del gendarme a fermare la mano dei criminali, non rischiamo di vedere i delitti e i crimini moltiplicarsi in proporzione spaventosa?

La risposta è facile. Noi possiamo classificare i crimini che si commettono oggi in due categorie principali: crimini di interesse e crimini passionali.

l primi scompariranno da se poiché non ci sarà più ragione per questi delitti, attentati alla proprietà, in un ambiente che ha soppresso la proprietà.

Quanto ai secondi, nessuna legislazione può impedirli. Ben lungi da ciò, la legge attuale che assolve il marito che assassina la moglie adultera, non fa che favorire la frequenza di questi crimini.

Al contrario, un ambiente anarchico eleverà il livello morale dell’umanità. L’uomo comprenderà di non avere alcun diritto su una donna che si dà ad un altro invece che a lui, perché questa donna non fa che obbedire alla sua natura.

Di conseguenza, nella futura società, i crimini diventeranno sempre più rari, fino a scomparire completamente.

Vi riassumerò, Signore, il mio ideale di società anarchica. Niente più autorità, molto più contraria alla felicità dell’umanità di qualche eccesso che potrebbe verificarsi inizialmente in una società libera. Al posto dell’organizzazione autoritaria attuale, raggruppamento degli individui per simpatia e affinità, senza leggi e senza capi. Niente più proprietà individuale; comunione dei prodotti; lavoro di ciascuno secondo i suoi bisogni, consumo di ciascuno secondo i suoi bisogni, cioè a suo piacimento.

Niente più famiglia, egoista e borghese, che fa l’uomo proprietà della moglie e la moglie proprietà dell’uomo; che esige da due esseri che si sono amati un momento, di essere legati l’uno all’altro fino alla fine dei loro giorni. La natura è capricciosa, essa chiede sempre nuove sensazioni. Vuole l’amore libero. Per questo noi vogliamo la libera unione.

Niente più patria, niente più odio tra fratelli che getta, gli uni contro gli altri, uomini che non si sono mai visti.

Sostituzione dell’attaccamento ristretto e meschino dello sciovinista alla sua patria, con l’amore ampio e fecondo per tutta l’umanità, senza distinzione di razza e di colore.

Niente più religione, forgiata dai preti per imbastardire le masse e dare loro la speranza di una vita migliore, mentre essi godranno della vita terrestre.

Al contrario, sviluppo continuo delle scienze messe alla portata di ogni essere che si sentirà attirato verso il loro studio, portando poco a poco tutti gli uomini alla coscienza del materialismo.

Studio particolare dei fenomeni ipnotici che la scienza comincia ora a constatare, al fine di smascherare i ciarlatani che presentano agli ignoranti, sotto un aspetto meraviglioso e sovrannaturale, fatti di ordine puramente fisico.

In una parola, niente più ostacoli al libero sviluppo della natura umana.

Libero schiudersi di tutte le facoltà fisiche, cerebrali e mentali.

Non sono così ottimista da sperare che una società con tali basi giunga in un solo colpo all’armonia perfetta. Ma ho la profonda convinzione che due o tre generazioni saranno sufficienti per strappare l’uomo all’influenza della civilizzazione artificiale che egli subisce oggi, e per riportarlo allo stato di natura, che è lo stato di bontà e di amore.

Ma per fare trionfare questo ideale, per fondare una società anarchica su basi solide, bisogna cominciare con il lavoro di distruzione. Bisogna abbattere il vecchio edificio tarlato.

Ed è quello che facciamo.

La borghesia sostiene che non giungeremo mai al nostro scopo.

L’avvenire, un avvenire molto vicino, glielo insegnerà.

Viva l’Anarchia!

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