Spezziamo le ali al militarismo!

Contro le fabbriche di armi, contro la mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra

contro guerrraDal 17 al 19 novembre si terrà a Torino “Aerospace & defence meeting”, mostra mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
Un’occasione per valorizzare le eccellenze del made in Italy nel settore armiero, con un focus sulle cinque aziende piemontesi, leader nel settore: Alenia Aermacchi, Thales Alenia Space, Avio Aero, Selex Es, Microtecnica Actuation Systems / UTC. 280 SMEs.
La mostra-mercato è riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, protagonisti dell’industria di guerra, un business lucroso, che non va mai in crisi.
Le immagini dei profughi che premono alle frontiere chiuse dell’Europa, il dibattito sull’accoglienza umanitaria, la retorica su chi muore in mare o in fondo a un tir nascondono una verità cruda ma banale. Le guerre sono combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case.
In questi giorni la NATO sta effettuando la più grande esercitazione bellica dalla fine della guerra fredda. Tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di Spagna, Portogallo e Italia 38.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni. Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi.
Il principale trampolino di lancio nel nostro paese è l’aeroporto trapanese di Birgi.

Le prove generali dei conflitti dei prossimi anni vengono fatte nelle basi sparse per l’Italia. Le stesse basi da cui sono partite le missioni dirette in Libia, Iraq, Afganistan, Serbia, Somalia, Libano…

L’Italia è in guerra da molti anni. Ne parlano solo quando un ben pagato professionista ci lascia la pelle, sprecando retorica su pace e democrazia.
È una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.
Gli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle nostre città, sono in Val Susa.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Le sostiene la stessa propaganda: le questioni sociali, coniugate in termini di ordine pubblico, sono il perno su cui fa leva la narrazione militarista.
Hanno applicato nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla Somalia all’Afganistan.
Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso sono le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare si fa poliziotto ed entrambi sono anche operatori umanitari il gioco è fatto.

L’opposizione alle missioni militari, che in altri anni ha riempito le piazze di folle oceaniche, si è lentamente esaurita, come le bandiere arcobaleno, che il sole e la pioggia hanno stinto e lacerato sui balconi delle case.
La mera testimonianza, la rivolta morale non basta a fermare la guerra, se non sa farsi resistenza concreta.
Negli ultimi anni il rifiuto della guerra è riuscito a saldarsi con l’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i no Muos che si battono contro le antenne assassine a Niscemi, gli antimilitaristi sardi che si lottano contro poligoni ed esercitazioni. Anche nelle strade delle nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze sociali sono ricette universali, c’é chi non accetta di vivere da schiavo.
Le industrie belliche costruiscono le armi con le quali si controlla, si bombarda, si uccide in ogni dove. Le università che orientano la ricerca verso il settore bellico sono complici dei massacri. Il 17 novembre al Politecnico di Torino ci sarà un convegno di studi, che precederà le due giornate del 18 e 19 all’Oval Lingotto dedicate agli affari.
Chi si oppone alla guerra, senza opporsi alle produzioni di morte, fa mera testimonianza.

L’Alenia è uno dei gioielli di Finmeccanica, il colosso della produzione bellica italiana.
La “missione” dell’Alenia è fare aerei militari. Nello stabilimento di Caselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della statunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.
Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.”

Mercoledì 18 novembre
Presidio e corteo al Lingotto
Dalle 17 in via Nizza angolo via Biglieri

Assemblea Antimilitarista
[email protected]

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