… e finalmente i “matti” vennero chiusi fuori

Personalmente a me fanno più paura certe persone definite “normali” che lavorano tra 4 mura che non certe altre definite “matte”che stanno fuori. E’ senz’altro un’affermazione che lascia dubbi e interrogativi e ci si chiede come ci dovremmo comportare e di cosa dovremmo farne di quelle persone ritenute socialmente pericolose. Mi chiedo se non possa essere definito socialmente pericoloso chi toglie il lavoro,chi sfrutta,chi inquina,chi devasta,chi fa le guerre,non ditemi che tutto questo è normale solo perchè queste persone vestono in giacca e cravatta e hanno tra le loro mani il potere decisionale,hanno la facoltà di poter decidere cosa sia normale e cosa no. Il ragionamento potrebbe essere esteso benissimo anche al carcere,ma oggi voglio limitarmi a parlare di OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari),i quali sostituirono i manicomi finalmente oggi chiusi.La struttura manicomiale in Italia ha origini remote. Il primo manicomio istituito nel nostro territorio risale al 1876 e nello specifico si tratta del manicomio di Aversa per arrivare al 1927 dove si contano ben 127 strutture psichiatriche e 800 internati arrivando alla vigilia della seconda guerra mondiale con il numero di 5800. In manicomio venivano internate le persone scomode al potere e alle istituzioni e soprattutto che mostravano avversione nei confronti del potere totalitario fascista dell’epoca il quale prediligeva il manicomio al carcere per non creare martiri politici, come sosteneva il riformista Cesare Lombroso,un folle se messo in disparte non può più nuocere e soprattutto le sue parole non hanno alcun peso perché “dei matti si ride”. Questo sistema di coercizione mirava infatti oltre che alla detenzione all’annullamento della personalità degli individui. La tortura coercitiva manicomiale è stata subito adottata dalle forze di polizia sulla base del codice Rocco. I reclusi venivano internati con diagnosi ed appellativi per etichettare gli avversi al regime al limite del ridicolo,le vittime predilette erano soprattutto donne per ovvia conseguenza del contesto patriarcale maschilista e sessista in cui ci si trovava. Sul territorio italiano erano presenti sei ospedali psichiatrici giudiziari(Aversa,Napoli,Barcellona Pozzo di Gotto,Montelupo Fiorentino,Reggio Emilia,Castiglione delle Stiviere). Al di la del nome rassicurante di ospedali,questi luoghi sono stati concepiti come un istituzione più a fini disciplinari che terapeutici,tant’è vero che dipendono dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP),al loro interno erano presenti agenti penitenziari e sono amministrati da regole pressoché identiche a quelle delle carceri. Ospitavano persone fuoriuscite dal sistema giudiziario classico dopo essere state giudicate incapaci di intendere e di volere,che sono quindi state ritenute non imputabili in seguito ad una perizia psichiatrica che ne accertasse la pericolosità sociale.All’interno di questi veri e propri manicomi criminali erano presenti circa 1500 persone abbandonate a loro stesse in condizioni di disumano degrado.Da oltre un secolo il ruolo di queste istituzioni è quello di rinchiudere tutte quelle persone non punibili tramite la legislazione penale classica. Per questa categoria di criminali non sono previste pene ma “misure di sicurezza” che hanno come finalità la “difesa sociale”.Nel 1975 3 anni prima della legge Basaglia (legge 180),che ha permesso la chiusura dei manicomi civili, un decreto sancì il passaggio nominalistico dei Manicomi Giudiziari in Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Nella pratica quotidiana non cambiò nulla se non le targhe poste al di fuori degli istituti.La durata della pena in OPG è determinata nel tempo,viene revocata solo nel momento in cui è dichiarata scemata la pericolosità sociale, concetto molto ambiguo. Il malato-recluso quindi non può mai sapere quando uscirà,solo il magistrato di sorveglianza può decidere quando la pena avrà fine.Larbitrarietà del parere del magistrato in merito a questioni mediche rende di fatto la reclusione all’interno degli OPG una sorta di ergastolo bianco,di reclusione a vita,senza alcuna certezza del tempo di permanenza al loro interno senza più alcuna attinenza con il reato per il quale si era originariamente perseguiti. L’unica vera funzione dell’OPG era quella di discarica sociale dove le persone indesiderate per i propri gesti venivano rinchiuse nel tentativo di nascondere il malessere profondo della nostra società.
Nel 2010 l’inchiesta effetuata dalla commissione sull’efficacia del Servizio Sanitario Nazionale stabilì il termine ultimo (31 Marzo 2013) entro cui tutti gli Ospedali psichiatrici giudiziari italiani avrebbero dovuto essere dismessi ma una proroga ha fatto si che restassero aperti fino ad oggi.Adesso, è lecito preoccuparsi, come in precedenza gli opg sostituirono i manicomi, si ha il timore che vengano create nuove strutture,forse più accoglienti,ma all’interno delle quali finirebbero sempre persone che hanno compiuto reati marginali,giudicate incapaci d’intendere e volere. E adesso ditemi pure che sono matto,detto da voi è solo un bellissimo complimento. Una sonora risata vi seppellirà.one-flew-over-the-cuckoos-nest-qualcuno-volo--L-evGTWi

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Solidarietà per Marina Cugnaschi.

Dichiarazione in aula della compagna Marina prima che la corte genovese la condannasse ad 11 anni per i fatti del luglio 2001 durante le contestazioni del G8

Premetto che in quanto anarchica non riconosco come mio interlocutore l’apparato giudiziario, organo dello stato la cui unica funzione consiste nell’essenziale protezione delle classi sociali privilegiate e nella difesa della proprietà privata.

Quindi, con la seguente dichiarazione, principalmente indirizzata all’esterno di questo edificio, colgo l’occasione per rivolgermi a tutti coloro che possiedono i requisiti per poter comprendere le mie parole.

Desidero rivolgermi alle classi subalterne, a coloro che subiscono la condizione alienante di sfruttati e oppressi dall’avanzato e moderno sistema capitalista, sempre più spietato ed escludente.

Premetto altresì che nulla ho da chiarire circa la mia condotta, le mie convinzioni e le mie scelte politiche, tanto meno intendo chiedere clemenza ai signori della corte.

La natura squisitamente politica di questo procedimento penale impone una netta presa di posizione, alla luce soprattutto degli innumerevoli tentativi da parte della magistratura e della stampa di screditare e spoliticizzare davanti all’opinione pubblica gli imputati di questo processo.

Soggetti che loro malgrado sono incappati negli ingranaggi della giustizia borghese e fatti figurare in certi casi come un branco di violenti teppisti, in altri come un’orda di barbari scesi nelle strade di Genova con il preciso intento di devastarla e saccheggiarla.

No signori, intanto l’accusa di devastazione e saccheggio la rinvio direttamente al mittente poiché offensiva e poiché non fa parte del mio bagaglio storico politico.

La classe sociale a cui appartengo è colma fino all’orlo di ingiustizie, soprusi e umiliazioni inflitte dai padroni.

Ed è proprio nel santuario della democratica inquisizione dove viene sistematicamente perpetuata l’ingiustizia sociale, in cui tengo a precisare e ribadire la mia ferma opposizione ad ogni forma di dominio, all’ineguaglianza sociale, allo sfruttamento.

E seppur cosciente che come nemica della vostra classe mi si infliggerà una pena severa poiché portatrice di principi malsani assolutamente in contrasto con l’ordine costituito, vi comunico che personalmente come lavoratrice salariata ho avuto modo di conoscere i veri devastatori e saccheggiatori.

Risiedono nei palazzi di lusso o del potere, sono i padroni, i capi di stato, insomma tutta la classe dirigente di questo sistema infame.

Un’esigua percentuale di individui su questa terra che in nome del profitto, del prestigio e del potere assoluto depredano e saccheggiano l’intero pianeta.

Costringono alla fame ed alla povertà milioni di persone, sia nel sud del mondo che nell’Occidente, sfruttano gli operai sul posto di lavoro fino a renderli schiavi, di conseguenza sono i diretti responsabili delle morti bianche, un vero e proprio stillicidio.

Seppelliscono nelle patrie galere tutti coloro i quali sono costretti a vivere ai margini di questa società opulenta.

Combattono guerre siano esse umanitarie o di conquista poco importa, sterminando intere popolazioni, devastando interi paesi e saccheggiando le loro risorse. E l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Contro tutto ciò è necessario lottare, è necessario porre una strenua opposizione alla dittatura capitalista.

Per quanto mi riguarda è stato questo il senso delle mobilitazioni di lotta antimperialista e anticapitalista a Genova nel 2001, non tanto perché lo ritenei un evento politico unico nella vita degli sfruttati determinato dalla presenza dei padroni della terra, dai quali elemosinare qualche briciola caduta dai loro sontuosi banchetti; lo feci in continuità con un percorso politico già intrapreso, animato dalla forte esigenza di trasformare radicalmente un modello sociale fondato sulla sopraffazione. Lo stesso motivo che mi spinge tuttora a partecipare a momenti di lotta costruiti dal basso, situazioni meno spettacolari e che meno interessano alle telecamere del potere mediatico, ma sicuramente autentici.

A Genova nel 2001 con molta determinazione è stato riaffermato un principio fondamentale, attraverso la riappropriazione di uno spazio urbano negato e reso inaccessibile dall’imponente presenza militare per impedire ogni forma di disapprovazione ai rappresentanti del dominio.

Nessuna sentenza potra’ riscrivere la storia di quei giorni. carlo continuera’ a vivere tutti i giorni nelle nostre lotte.6586_348437621942572_2085323362_n

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