Il 5 maggio 1913 nasce a Carrara Belgrado Pedrini

Belgrado Pedrini nasce a Carrara il 5 maggio 1913 da Guglielmo e Rosa Vanci. Il nome Belgrado gli viene dato dal padre scultore in omaggio alla capitale della ex-Jugoslavia in cui aveva risieduto per lavoro. Rimasto poi orfano di madre all’età di 9 anni, Belgrado cresce in una città, Carrara, «dalla pura tradizione anarchica, tradizione che risale alla notte dei tempi».

Fonte. Anarcopedia

 

 

 

 

Diventare anarchico è quindi solo una questione di tempo.

L’anarchia

Belgrado comincia ad avvincinarsi al pensiero anarchico leggendo le opere di Friedrich NietzscheCarlo CafieroMax StirnerMichail BakuninPëtr Kropotkin ed Errico Malatesta. Abbraccia coscienziosamente l’anarchismo sin dall’età di 18 anni, non senza che ciò suscitasse preoccupazioni nel padre, timoroso che il figlio potesse avere dei guai giudiziari. «Fai attenzione alle idee che professi, sono molto belle ma ho l’impressione che finirai male a causa di esse. Vedrai se mi sbaglio… passerai la tua vita in prigione.» , così era solito ammonirlo. Con ciò non si può dire che il padre non nutrisse simpatie per l’anarchia, infatti egli aveva conosciuto molti anarchici di rilievo, tra cui lo stesso Malatesta, di cui era anche diventato amico.

L’antifascismo militante

All’avvento del fascismo, assieme ai compagni di Carrara, compie diverse azioni contro gli squadristi che gli procurano svariate denunce e condanne. Nel 193738 viene rinchiuso nel carcere nel carcere di Pianosa assieme al socialista e futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Rimesso in libertà prosegue la sua militanza antifascista. Una sera del ’42, assieme ai compagni

Giovanni Zava e Gino Giorgi, disarma e chiaffeggia un gruppettto di cinque fascisti che lo costringe a rifugiarsi a Milano, dove viene nuovamente sorpreso con i compagni anarchici mentre è intento ad affiggere manifesti che chiamano gli italiani all’insurrezione contro il conflitto in atto. Ne nasce uno scontro a fuoco con i poliziotti ma Pedrini, Zava e Giorgi riescono a dileguarsi e a salire su un treno merci con il quale raggiungono Genova prima e La Spezia poi. Attivamente ricercati dall’ OVRA e definiti dal «Popolo d’Italia» «malfattori e sabotatori della resistenza morale delel forze armate», i tre vengono intercettati da alcuni agenti in una pensione della città ligure. Nasce un conflitto a fuoco che si prottrae per ore e che alla fine porterà all’arresto dei tre anarchici, gravemente feriti, e alla morte di un polizotto.

Dopo essere stati tradotti nel carcere di La Spezia, vengono portati in quello di Massa, dove li attende la probabile condanna alla fucilazione. Per loro fortuna nel giugno 1944, alcuni partigiani della formazione “Elio” riesce a liberarli dal carcere e Belgrado sceglie allora di unirsi a loro nella resistenza. Pedrini prende parte a diverse azioni di sabotaggio e di attacco ai nazifascisti nelle zone apuane, azioni che contribuiranno alla loro defintiva sconfitta.

Il dopoguerra: il carcere e il ritorno alla libertà

Dopo la fine della guerra e la sconfitta del fascismo, l’allora Ministro della Giustizia, il comunista Palmiro Togliatti, concesse l’amnistia ai fascisti detenuti nelle carceri italiane. È il 1946 ed è già possibile che ritornino impunemente in libertà personaggi come Mario Roatta, responsabile e già condannato a morte per crimini di guerra in Jugoslavia [6] [7]. (L’amnistia ha contribuito ad incentivare il pesantissimo sbeffeggiamento e svilimento della resistenza e della “giustizia” italiana nata dopo la caduta del regime fascista. Anche nei siti facenti capo ad alcuni organismi militari viene pubblicamente evidenziato il vantaggio che certi personaggi trassero dall’amnistia).

L’antifascista Belgrado Pedrini viene al contrario nuovamente arrestato per i fatti del 42′ a La Spezia. Nel maggio 1949 viene condannato all’ergastolo, pena poi commutata a trent’anni di reclusione. Comunque in carcere Pedrini non si lascia abattere psicologicamente per quanto ingiustamente subito e si dedica allo studio dei classici della filosofia e della letteratura. Diventa un apprezzato uomo di cultura autodidatta, compone poesie come la nota Schiavi, scritta nel 1967 nel carcere di Fossombrone. Questa poesia verrà usata come testo per la famosa canzone anarchica Il Galeone.

Dopo essere giunti al luglio 1974, con Pedrini ancora detenuto in carcere e ormai non distante dalla liberazione istituzionale, viene graziato dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Ma non viene acora scarcerato perché dovrebbe ancora scontare 3 anni per tentata evasione, che non rientra nel reato graziato, quindi viene tradotto nel carcere di Pisa per scontare la pena residua.

Per fortuna di Pedrini ne nasce una vigorosa campagna mediatica in suo favore e così finalmente Pedri

ni può tornare in libertà.

La militanza nel circolo “Bruno Filippi”

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Immediatamente riprende la sua militanza ed assieme a Giovanni ZavaGiovanni Mariga e Gogliardo Fiaschi apre a Carrara il «Circolo culturale anarchico» prima e il «Circolo anarchico Bruno Filippi» poi. Con queste parole Pedrini inaugura il nuovo circolo intitolato al celebre iconoclasta:

«Cari lavoratori!
Credo di potere interpretare il vostro pensiero affermando che anche voi considerate la rico
stituzione del Circolo anarchico “Bruno Filippi” come un fatto positivo: un segno tangibile della volontà degli anarchici carrararesi di continuare, con forze sempre maggiori e agguerrite, l’identico cammino che Michail Bakunin ci ha indicato con lo scopo di arrivare, non appena possibile, alla liberazione dell’umanità da qualsiasi forma di schiavitù, di umiliazione e miseria voluta dagli Stati e dai loro simpatizzanti […] Rivolgo un saluto fraterno ai lavoratori venuti a Carrara per celebrare con noi questo bel giorno in cui vediamo la bandiera anarchica volteggiare nell’aria e che rende omaggio all’immagine immortale di Bruno Filippi.
Viva il pensiero libertario! Viva l’anarchia!»

In seguito redige numerosi manifesti e volantini, s’impegna nella ristesura dello scritto di Bruno Filippi L’Iconosclasta! e nella pubblicazione del giornale «L’Amico del Popolo», che vedrà la luce qualche mese dopo la sua scomparsa.

Belgrado Pedrini muore a Carrara l’11 febbraio 1979.

 

 

 

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